Ius Balotellis


Nove gol segnati dal momento del ritorno nel campionato italiano, il ricordo ancora vivido della statuaria esultanza per quei due gol rifilati ai tedeschi che hanno inorgoglito i tifosi azzurri nell’ Europeo estivo, un mondiale che tra un anno già lo attende come protagonista: sul Balotelli calciatore i dubbi si vanno dissipando, come è giusto che sia quando un attaccante dimostra di saper fare il suo mestiere. Mobile, potente, decisivo, capace di giocare con la squadra e di seguire le consegne tattiche, oggi Balotelli è l’attaccante su cui un allenatore può impostare la costruzione tattica di una squadra competitiva in Europa e nel mondo.

Sul personaggio Balotelli invece, pesano ancora le conseguenze dell’ardore, quell’essere naturalmente sopra le righe e dentro le cronache sportive per le bravate infrasettimanali, i gossip e altri riflessi esuberanti di un argento vivo che si porta appresso un odore di spirito giovanile, a volte autodistruttivo. Ma se di tanti calciatori non conosciamo quel vissuto che ha determinato temperamenti più docili o comunque caratteri portati a sviluppare una maturità precoce – quanto meno apparente – di Mario Balotelli sappiamo che ha alle spalle una biografia più complessa .
Nato da genitori ghanesi, adottato da una famiglia italiana e cresciuto tra Palermo e Brescia, Balotelli si è fatto largo a spallate, avvertendo che per lui le difficoltà sarebbero state maggiori che per altri. “Chi colpisce per primo colpisce due volte”, dev’essersi detto di fronte ai primi ostacoli e così, indossata la maschera della sfrontatezza e brandita la clava dell’arroganza, ha scelto la via dello scontro frontale. Allo stesso tempo, nell’intimo di un carattere tuttora in divenire, sta trasformando in un valore positivo, da dimostrare sul campo anche quello, sia quel senso di ribellione proprio della gioventù che non accetta le barbe conservatrici e le imposizioni calate dall’alto, sia l’orgoglio di essere nero, il primo italiano nero a vestire la maglia azzurra.

Facile condannare Balotelli quando prende tre giornate di squalifica per aver insultato un arbitro, ma forse merita anche di essere ascoltato, quando prova a spiegare le proprie reazioni, motivandole con la richiesta costante agli arbitri non di una maggior tutela contro il gioco duro, ma di una diversa disponibilità a spiegare le proprie decisioni in campo. In fondo, solo chi in gioventù non ha mai avvertito il bisogno o il desiderio di ribellarsi ad autorità avvertite come ingiuste o a paternalismi stringenti – o ad arbitri supponenti – può dirsi completamente avulso da tali sentimenti.

Molto poi si è detto e commentato sui “buu” razzisti rivolti a Balotelli. Fino quasi ad avallare l’idea che nel suo caso, non si tratti proprio di “buu” razzisti ma di offese dirette a colpire nel vivo un avversario maleducato, antipatico e provocatore. Offese occasionali insomma.
Salvo poi scoprire, come è accaduto in questi giorni dopo la nomina a ministro della nera Cecile Kyenge, che in realtà questi atteggiamenti razzisti travalicano gli stadi per arrivare fino ad esponenti parlamentari. Ma forse dev’essere maleducata, antipatica e provocatrice anche la Kyenge. E in fondo, anche queste saranno offese occasionali.

Forse invece, è proprio per l’energia dimostrata nell’affrontare questi oltraggi, rinfacciandoli a chi si lascia andare a intemperanze “occasionali” che il Time recentemente ha inserito Balotelli tra i cento personaggi più influenti al mondo.

Pochi giorni fa, il suddetto ministro per l’integrazione Cecile Kyenge ha parlato dell’idea di un ruolo da testimonial dell’attaccante per la legge sulla cittadinanza e Balotelli le ha prontamente risposto: “Sono disponibile a ogni iniziativa o proposta che provenga dalle istituzioni, tesa alla lotta al razzismo e alle discriminazioni”. Senza entrare nel merito tecnico della proposta relativa allo Ius Solis, resta il fatto che in una società di fatto multietnica, adeguare il complesso normativo alle esigenze di una convivenza che rifugga discriminazioni odiose e sia educata al rispetto, è una questione di civiltà. Così come resta il fatto che Balotelli – fosse anche solo per la voce in capitolo che ha – è lì per ricordarcelo, dovesse prenderci a pallonate.

E chissà che tra vent’anni, dalla storia di Balotelli non possa venir fuori il primo romanzo di formazione che abbia come protagonista un calciatore. Noi glielo auguriamo, perché in fondo, a far la morale a chi spara un petardo son capaci tutti, a sparare una botta dalla distanza sotto l’incrocio dei pali in una gara che conta o a favorire concretamente l’integrazione culturale, no.

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Paolo Chichierchia