Il re è morto, viva il (nuovo) re

Sarà Bayern Monaco-Borussia Dortmund la finale della Champions League 2012-2013. Germania contro Germania dunque, un inedito ultimo atto della massima competizione europea che fa eco ai già visti derby spagnolo, italiano e inglese. Una sfida prevedibile dopo le semifinali di andata ma che probabilmente nessuno si sarebbe aspettato a inizio competizione, accecati dal supposto strapotere dei club di Spagna e Inghilterra. Una convinzione che, dopo il sorteggio degli accoppiamenti per le semifinali, aveva fatto gridare a El Clásico, il grande scontro tra Barcellona e Real Madrid, come alla finale “perfetta”, alla resa dei conti conclusiva.

Eppure… eppure il Bayern non era l’ultima arrivata ma la squadra più presente – nelle ultime tre stagioni – alla partita conclusiva della Champions League: due finali che, seppur perse, ne legittimavano il valore e la qualità, confermate dal titolo nazionale vinto con largo anticipo poche settimane fa. E dall’altro lato c’era un Borussia rinato dopo gli anni bui del decennio passato e lo sfiorato fallimento che, pur non impressionando nelle sue recenti apparizioni in Europa, si era imposto in Germania conquistando gli ultimi due titoli della Bundesliga e la Coppa di Germania 2011/2012, avendo la meglio proprio sui rivali bavaresi. Due squadre giovani che, giocando un calcio oltre che redditizio in termini di risultati anche divertente e bello da vedere, han fragorosamente invertito i pronostici e interrotto l’egemonia europea della Spagna, a cui non capitava dalla stagione 2007/2008 di ritrovarsi senza rappresentanti in una delle due finali continentali.

Un tonfo acuito dai pesanti e rotondi parziali delle gare d’andata figli non del caso ma di un gioco tanto concreto quanto spettacolare delle due compagini teutoniche a fronte di un’impotente sterilità e mancanza di idee spagnola. Ma se il Real ha, per certi versi, riscattato in parte la prova opaca del primo confronto vincendo il match di ritorno, è il monotono e per lunghi tratti irritante sterile possesso del Barça a porre fine al – personalmente poco gradito – tiki-taka blaugrana. Sempre più spesso, infatti, i catalani in Europa faticano a convertire in reti o in occasioni da gol il massiccio controllo del pallone gestito principalmente grazie alla fitta rete di passaggi orizzontali, ma a cui spesso mancano verticalizzazioni o – cosa ben più grave – un sistema di gioco alternativo. E sempre più spesso finiscono per impattare contro il muro avversario per poi subirne le ripartenze: eloquente, in questo senso, i soli due tiri effettuati nello specchio della porta dai blaugrana nella sfida di Monaco a fronte di un possesso palla del 63% e di ben nove conclusioni da parte tedesca.

Che sia stato sancito sul campo una sorta di passaggio di consegne tra vecchio e nuovo che avanza? Germania e Bayern Monaco nuovi regnanti del calcio europeo? Arduo rispondere senza rischiare di far brutte figure. Senza dubbio però non si può continuare a catalogare l’ascesa del movimento calcistico tedesco come un fenomeno avulso ed estemporaneo. Dai Mondiali ospitati nel 2006 infatti la Germania ha visto il proprio calcio in continua crescita: un exploit che gli ha permesso prima di scalzare meritatamente l’Italia dal terzo posto nel ranking UEFA e poi, con i risultati odierni, di monopolizzare con proprie rappresentanti la finale di Champions League. E, per buona pace dei benpensanti giornalisti italiani, forse converrà smettere di far la corsa sui tedeschi per recuperare un posto in Europa ma puntare in primis a sistemare il mondo del pallone in Italia, ricco solo di polemiche e controsensi. O, al più, allargare l’obiettivo includendo l’Inghilterra, ormai prossima alla Germania, e il raggio temporale a non meno di 4/5 anni.

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Francesco Davide Scafà