Home » Il lavoro più bello del mondo

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Dalla spiaggia di Copacabana ai villaggi africani, dalle periferie metropolitane agli sporting club dei quartieri alti, esiste un permanente mulinar di gambe intorno ad un pallone, a volte con spensierata disinvoltura, a volte con destrezza mirabile. Per quasi tutti resta un fantastico gioco, per alcuni diventa un lavoro ben redditizio. Non staremo a rinfocolare un dibattito intorno alla remunerazione di questa professione, perché inevitabilmente rispecchierebbe i riflessi della crisi economica, già così presente nel dibattito dei giorni feriali, piuttosto, acclimatandoci nella leggerezza del dì di festa, parleremo di come possa evolvere la carriera di un calciatore.

Una carriera esemplare, che ci auguriamo abbia ancora una coda di applausi, è senz’altro quella del capitano argentino dell’Inter, Javier Zanetti. Quarant’anni, più di venti dei quali trascorsi a tracciare solchi sulle fasce, ha saputo declinare la parola professionista in tutte le sue sfumature, dalla capacità di imporsi dopo un arrivo in Italia da forestiero oscuro, alla vita da atleta che ne ha garantito la longevità, dall’assenza di protagonismo extracalcistico, alla tenacia nell’attendere fiduciosamente l’arrampicata sul tetto del mondo. Per dirla in termini di vangelo laico, Zanetti incarna l’uomo di fede calcistica, capace di far fruttare quei talenti avuti in dote.

Edificante, è il caso di dirlo, anche la storia di Christian Riganò. Fino all’età di 25 anni infatti, la sua principale occupazione è stata quella di muratore. Fino alle 17.30 alzava tramezzi e muri portanti, poi andava ad allenarsi con la squadra di Lipari, scaricando carriolate di palloni nelle porte avversarie. Imparata l’arte e messa da parte casomai fosse andato male il tentativo con il pallone, Riganò ha saputo costruire anche una carriera di tutto rispetto. Bomber in quattro categorie, ha segnato 27 reti col Taranto in C1, 30 con la Fiorentina in C2, 24 sempre con la Fiorentina in B, 19 in serie A con il Messina. Poi, finita la ribalta delle serie professionistiche, ancora 22 reti a Montevarchi; nell’aprile di quest’anno, a 38 anni, viene tesserato dalla Benaco Bardolino Calcio. E all’esordio, sigla una doppietta nel 2 – 0 contro l’Alba Borgo Roma.

Ha invece deliberatamente scelto di abbandonare il calcio a soli 29 anni, Hidetoshi Nakata, campione giapponese che ha giocato nel multietnico Perugia di Gaucci e nella Roma del terzo scudetto (rimane registrato nella memoria romanista il gol propiziatorio della rimonta contro la Juve, una bordata da fuori che sollevò le ombre calate sul sole giallorosso). Abbandonato il proscenio, Nakata ha infilato i sandali del viaggiatore e s’è incamminato alla scoperta del sudest asiatico, del medio oriente e del Sudamerica, non sottraendosi mai ad una partitella improvvisata. “Se si viaggiasse di più ci sarebbero meno pregiudizi idioti e magari si capirebbe meglio se stessi” ha confessato in una intervista.

Predestinazione e progetto hanno viaggiato finora in parallelo nella carriera dell’ultimo fenomeno sudamericano, Neymar da Silva Santos Junior, scoperto all’età di 13 anni e sin da allora preservato dal Santos come erede di Robinho. Mentre gli osservatori europei ingaggiavano talenti sempre più giovani, il Santos è riuscito a schermare il ragazzo, pagandogli fin da subito gli studi, ma al tempo stesso pretendendo che né il ragazzo, né i genitori né il liceo avessero troppi contatti con l’esterno. Con il primo contratto da professionista, la tutela economica si è formalizzata in un ricco salario e oggi, che di anni Neymar ne ha 21, dopo alcune stagioni a beneficio dei propri tifosi, il Santos è pronto a raccogliere un considerevole profitto sul cartellino del giocatore, che con molta probabilità autograferà un ricco contratto in Europa.

Imboccato il viale del tramonto, a molti calciatori resta poi il problema di reinventarsi. Tra chi ne è stato capace, segnaliamo Valerio Spadoni, promessa romanista degli anni ’70 prematuramente costretto ad abbandonare l’attività dopo un grave infortunio, che dopo il ritiro dal calcio, è appena andato in pensione dopo aver gestito per anni un negozio di fumetti. Ezio Vendrame, famigerato talento ribelle ed inespresso di Vicenza e Napoli, oggi è scrittore e poeta, mentre il suo coevo collega militante nella sinistra extraparlamentare, il perugino Paolo Sollier, oltre che scrittore è attualmente anche allenatore dell’Osvaldo Soriano Football Club, la nazionale degli scrittori italiani. Si è distinto come dentista, il difensore Volpati, campione d’Italia negli anni ’70 e ’80, prima con il Torino e poi con il Verona e contemporaneamente laureato in odontoiatria. Riccardo Maspero, altalenante trequartista di cui si ricorda la buca scavata sotto il dischetto del rigore all’ultimo minuto di un derby Torino-Juventus, oggi si occupa di sicurezza sul lavoro, mentre Carlo Nervo, ala del Bologna, è diventato sindaco del proprio paese. Finiamo invece con chi è rimasto coerente con se stesso: Alberto “Jimmy” Fontana, prima portiere di Cesena, Bari, Atalanta, Chievo, Inter, Palermo, oggi sempre portiere, ma di un albergo (da lui gestito).
E Buon Primo Maggio a tutti.