Dopo “la fioritura dei tulipani olandesi”, nulla poteva rimanere più come prima. Quel modello calcistico di zona totale divenne un riferimento obbligato per ogni allenatore, sia che lo volesse adottare sia per trovarne contromisure adeguate. Come fu per la piramide di Cambridge, per il “Metodo WM”, per il “Sistema di Chapman WW” o per il Catenaccio, la zona totale venne studiata, assimilata e spesso rimodulata, talvolta ibridandola con il preesistente.
In Italia, la zona venne adottata innanzitutto da piccole squadre emergenti, in contrapposizione allo strapotere delle grandi e in particolare della Juventus di Trapattoni, fedele al modulo all’italiana. Seppure in forma spuria, senza la rinuncia al libero, il Perugia di Castagner e il Lanerossi Vicenza di G.B. Fabbri raggiunsero due sorprendenti secondi posti sul finire degli anni ’70, ispirandosi al modello olandese ed esaltando l’intercambiabilità dei ruoli nella partecipazione alla manovra.
In campo internazionale, in linea di continuità con l’esperimento della zona totale, risultati sorprendenti furono raggiunti anche dal Belgio, finalista agli europei dell’80, mentre il modello “all’italiana” raggiunse il proprio apice qualitativo nei Mondiali di Spagna dell’82, proprio grazie all’Italia allenata da Enzo Bearzot, che pure non disdegnava aperture alla zona mista. La storica vittoria degli azzurri per 3 – 2 contro un grande Brasile, erede dei talenti di Didì, Vavà e Pelè e dell’attitudine tattica offensiva che fu di Vicente Feola, segnò la strada di una “controriforma” calcistica, che premiò anche l’Argentina di Billardo, vincitrice del mondiale dell’86 in Messico (grazie soprattutto alle prodezze incomparabili di Diego Armando Maradona).
Un esempio di zona vincente venne dall’Unione Sovietica (oggi localizzeremmo in Ucraina), grazie alla Dinamo Kiev del colonnello Lobanovsky, che grazie ad un’applicazione scientifica dei dettami della zona, portò la Dinamo Kiev a vincere due Coppe delle Coppe nel 1974-’75 e poi nell’85-’86, facendo parlare i commentatori di “calcio del duemila”, salvo poi sciogliersi agli Europei dell’88, contro l’Olanda del maestro Michels.
In Italia, Nils Liedholm fu il primo allenatore a vincere uno scudetto a zona, con la Roma del 1982-’83, inframezzando il monopolio juventino sul campionato. Fondamentali nell’equilibrio tattico della squadra, il regista brasiliano Falcao, l’ala tornante Bruno Conti e il velocissimo centrale difensivo Pietro Vierchowod, che grazie alla sua eccezionale rapidità, garantiva recuperi prodigiosi, consentendo alla squadra di tenere un baricentro difensivo alto.
Nella prima stagione, 1987-1988, la squadra di Sacchi conquistò il titolo nazionale riuscendo a sconfiggere il Napoli di Maradona per 3-2 al San Paolo, nel finale di campionato. L’anno successivo, il Milan raggiunse la vetta d’Europa, imponendosi per 4 – 0 sulla Steaua di Bucarest (già campione d’Europa nell’86), dopo aver sbalordito il mondo del calcio nella semifinale di ritorno quando sconfisse il Real Madrid a San Siro per 5-0. Due anni dopo, contro il Benfica, il Milan di Sacchi bissò il successo.
Nel frattempo, grazie anche ad allenatori come Galeone al Pescara, Maifredi al Bologna e Zeman a Foggia, la zona divenne un nuovo paradigma anche per le squadre impegnate a salvarsi, coniugando spettacolo e concretezza di risultati.
Deriva invece dalla tradizione olandese, il calcio della Spagna dominatrice degli ultimi anni calcistici, Campione d’Europa nel 2008 e 2012 e Campione del Mondo nel 2010. Il modello sottostante è quello importato da Johan Cruijff al Barcellona dove giocò ed allenò, vincendo una Coppa dei Campioni nel 1992 (con ‘Pep’ Guardiola in campo come regista). Il fraseggio corto della Spagna (e del Barcellona), il cosiddetto “Tiki Taka” può essere considerato un’evoluzione del calcio totale olandese, accentuando la caratteristica del possesso palla, a scapito dell’intercambiabilità dei ruoli, più dispendiosa fisicamente. Questo modello di gioco, costringe gli avversari a sfiancarsi in pressing, ribaltando contro se stessi una delle caratteristiche salienti della zona. Più che i giocatori, si muove la palla.
Ma anche il Barcellona ha trovato uno stratega capace di imbrigliarlo, come è stato con Mourinho, l’allenatore portoghese che, con un sistema di gioco più vicino alla tradizione che non alla zona totale, prima ha portato alla sorprendente vittoria della Champions il Porto e si è poi ripetuto con l’Inter dello storico “Triplete”.
Siamo giunti al termine della nostra Piccola Storia della Tattica, con la sensazione che, come nella fisica, anche nella scienza calcistica, probabilmente, nulla si crea e nulla si distrugge e le tattiche come le stagioni, seguiteranno ad alternarsi e a ripetersi.