Piccola Storia della Tattica: la Rivoluzione Olandese (VI parte)
Durante gli anni ’70, da un paese europeo rimasto sino ad allora ai margini delle competizioni calcistiche, arrivò una novità tecnica assoluta e destinata ad avere un impatto rivoluzionario sul mondo del calcio. D’un tratto né il catenaccio né le basi tattiche collaudate furono più in grado di costituire argine di fronte al nuovo che avanzava. In un bagliore di arancione, faceva la propria comparsa l’ Olanda, sconvolgendo ogni autorità geometrica e filosofica tramandata sui campi da gioco.
Dapprima fu il Feyenoord di Rotterdam, allenato dall’austriaco Ernst Happel, ad imporsi sulla scena europea, nel 1970, andando a vincere una Coppa dei Campioni grazie ad un gioco marziano che sorprese le più blasonate avversarie. Poi venne il ciclo dell’Ajax, che per tre anni di fila mise in riga le grandi d’Europa, battendo in finale prima il sorprendente Panathinaikos allenato da Puskas (in un ideale passaggio di consegne calcistiche tra grandi scuole al tramonto e nascenti) e nei due anni successivi Inter e Juventus, ovvero il meglio del calcio ‘all’italiana’ dell’epoca.
I migliori talenti di una generazione speciale si ritrovarono in Nazionale agli ordini di Rinus Michels, santone del calcio moderno e padre della zona come la conosciamo oggi. In uno sprigionar di libertà, veniva capovolta la filosofia del catenaccio: abbandonando le specializzazioni di ruolo, l’Olanda giocava senza più marcature contrapposte e con una copertura degli spazi completamente a zona; l’avversario non andava più aspettato per poi ripartire in contropiede, ma aggredito in pressing e sorpreso nelle sue ripartenze da un fuorigioco sistematico. L’ “Arancia Meccanica”, come fu poi chiamata la squadra orange dai perfetti automatismi, allargava il campo sulle fasce con un possesso palla anche orizzontale e lo stringeva in fase difensiva con un fuorigioco alto e con un pressing costante, il tutto sostenuto da una preparazione atletica innovativa a sostegno della condizione fisica e delle capacità di fondo.
Stella polare della squadra dei tulipani, interprete prediletto e illuminato del meccanismo, era Johan Cruijff, regista, attaccante e leader della squadra, dotato di tecnica sopraffina, visione di gioco e completezza di repertorio, autentico direttore d’orchestra in campo. Con lui, gli attaccanti Rensenbrinck e Rep, il centrocampista Neeskens, il terzino Krol. Partecipava all’azione finanche il portiere Jongbloed, che agiva da regista difensivo, giocando spesso la palla con i piedi quando il centrale Haan saliva ad impostare l’azione. Tutti attaccavano e tutti difendevano.
Ai Mondiali tedeschi del 1974, l’Olanda arrivò agevolmente in finale, incantando il mondo con il proprio gioco avveniristico. Gli “Orange” incarnavano sul prato verde un’idea rivoluzionaria di futuro, in linea con i sogni e le aspettative dell’epoca. In particolare fece scalpore la sfida del debutto, vinta per 2 – 0 contro l’Uruguay, in cui Cruijff e compagni esibirono il meglio del proprio repertorio alla stupefatta platea internazionale. Qualcuno parlò di “caos organizzato” per descrivere la scena che si vedeva in campo. Di seguito, un bellissimo video che racconta quella partita. “VEDI VIDEO”
L’Olanda raggiunse agevolmente la finale, liquidando sia l’Argentina che il Brasile campione in carica. Ma, come fu per la Grande Ungheria del ‘54, ancora una volta il riconoscimento mondiale di una squadra favolosa sarebbe passato per il confronto con la Germania Ovest. E di nuovo la storia fece il bis. Gli ‘Orange’ passarono in vantaggio dopo un solo storico minuto di gioco, in cui dal calcio di inizio al fallo da rigore, la Germania non riuscì mai a toccare palla.
Ma anche in quella Germania giocavano fior di campioni, come l’implacabile falco dell’area di rigore Gerd Muller e il “Kaiser” Franz Beckenbauer e sospinti dal pubblico di casa, i tedeschi ribaltarono il risultato (piccola divagazione:“Il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti e, alla fine, vincono i tedeschi”, disse qualche anno dopo il centravanti inglese Gary Lineker, seppur smentito da quanto accadde nei minuti di recupero di una memorabile finale Champions tra Manchester United e Bayern Monaco).
Quattro anni dopo, con l’ex tecnico del Feyenoord, Happel, in panchina e senza Crujff in campo (la stella olandese aveva rifiutato la convocazione per motivi politici), la squadra Orange ci riprovò. Con un gioco meno brillante, anche perché più noto agli avversari, l’ Olanda di Rensenbrink, dei gemelli Willy e René Van de Kerkhof, di Krol, Rep e Neeskens, approdò di nuovo ad una finale mondiale; ma ancora una volta la sfida sarebbe stata contro la squadra del paese ospitante, l’Argentina. Sono i Mondiali del ’78, che il governo della giunta militare di Videla e dei generali argentini aveva fortemente richiesto alla FIFA, per dar sfoggio di organizzazione e legittimarsi agli occhi dell’opinione pubblica, proprio mentre a pochi metri dagli stadi si consumavano tragedie umane che la Storia documentò più tardi. L’ Argentina di Ardiles, Passarella, Bertoni e Kempes aveva l’imperativo categorico di non perdere e anche gli arbitraggi furono spesso indulgenti, come ai più apparve durante la finale, quando il gioco rude degli argentini venne fin troppo tollerato dall’arbitro italiano Gonella. L’Olanda perse ai tempi supplementari per 3 – 1 ma dopo aver raggiunto il pareggio nel secondo tempo, posticipando la festa dei padroni di casa, un clamoroso palo di Rensenbrinck proprio allo scadere dei tempi regolamentari, rischiò di far vacillare l’intera Argentina e di mettere in crisi le diplomazie internazionali.
Fu solo ai Campionati Europei del 1988, stavolta di nuovo con Michels in panchina ma con protagonisti completamente differenti, come Van Basten, Gullit e Rijkaard, che l’Olanda ottenne un successo prestigioso. Si trattò dell’ultimo colpo di coda della Rivoluzione Orange, che già da anni era entrata nel patrimonio comune di tutti gli allenatori.
Di seguito, un video relativo alla citata Finale del 1974, che consigliamo di vedere a chiunque abbia seguito con simpatia questa Piccola Storia della Tattica, almeno per ammirare il primo minuto, quando l’utopia calcistica dell’Olanda sembrò illuminarsi d’immenso, per poi dissolversi sul filo di un traguardo sfuggito per un capriccio della divinità calcistica, che a Cruijff, come fu vent’anni prima per Puskas, volle riservare un ruolo leggendario pur senza coronarlo con quell’alloro mondiale che vinsero invece tanti interpreti secondari, dispersi poi in un effimero quarto d’ora di gloria. “VEDI VIDEO”