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Un altro calcio – “Io, che sono rimasto a galla nel fango del Dio Pallone e cerco di aiutare i ragazzi. Dopo il ritiro c’è il rischio di perdersi”

OTTAVA PUNTATA DI UN ALTRO CALCIO

Ciak, si spengono le luci. Adesso arriva la vita. Il calcio è un vortice che ti rapisce e ti ingloba al suo interno: una volta finitoci dentro, nulla sarà più come prima. Il giorno in cui il pallone se ne va in soffitta devi essere pronto a costruirti una nuova ragione per far suonare presto la sveglia di mattina e non soffrire l’improvvisa solitudine; sei un Dio, sei l’idolo di una curva calda e passionale, ma tutto ciò in un secondo può svanire nell’aria. Ovviamente i casi variano da persona a persona e da carriera a carriera, perché c’è chi smette con le idee già chiare per il futuro e chi ha raggiunto una fama talmente alta sul campo che continua a cibarsi della propria leggenda. Ma c’è anche chi in un secondo si ritrova invecchiato di 30 anni e vede solo buchi neri in prospettiva: a tali individui è dedicata la nostra puntata. Abbiamo ricevuto una testimonianza da un ex atleta che ha voluto fortemente mantenere l’anonimato e, pur sapendo come la credibilità della fonte possa perdere parecchi punti, non ce la sentiamo di trascurare queste significative parole:

Ho attaccato le scarpette al chiodo circa cinque anni fa, dopo una carriera discreta, da 6 in pagella. Ero un calciatore molto discontinuo: avrei potuto ottenere di più ma anche di meno. Mi reputo perciò abbastanza fortunato perché, nel corso di quel ventennio, ho guadagnato bene e mi sono espresso nel settore più consono alle mie caratteristiche. Conclusosi il mio ultimo campionato, alquanto impegnativo e stressante, ho deciso di concedermi il classico anno sabbatico per stare finalmente assieme ai miei figli e valutare con calma il futuro. Ho cercato comunque di mantenere i rapporti con la gente incrociata nei vari stadi italiani ma, dato che non servivo più, nessuno si degnava di calcolarmi. Ho capito in quegli attimi che fermarsi è stato un errore madornale: nel mondo calcistico conta solo quello che fai oggi e chi si riposa è perduto. Ho preso il patentino da Allenatore Uefa B ed ho cercato di propormi a destra e sinistra con risultati pessimi. Ormai non contavo più nulla, ero fuori dal giro e le buone partite disputate in Serie A si rivelavano un insignificante dettaglio; qualcuno mi disse che mi avrebbe aiutato in cambio di denaro ed arrivò perfino a minacciarmi. Ho passato un biennio orribile perché la depressione mi ha spinto ad iniziare una vita sregolata e la mia ex moglie di conseguenza ha ottenuto da un giudice che io non vedessi più i nostri bambini. Avevo perso tutto, non ero più un uomo. Senza un soldo, senza un lavoro e senza gli affetti più cari: ho pensato a lungo di farla finita, ma ogni volta l’immagine di mia figlia che rimprovera il fratellino  per il grande baccano mi salvava. Non voglio dilungarmi troppo perciò riassumo in poche righe l’ultimo anno e mezzo della mia vita: dopo aver lottato contro me stesso ho capito, un giorno, che il mondo del pallone non mi meritava ed io ero un grandissimo deficiente a star male per esso. L’universo è bello perché vario e disparato, con l’annessa possibilità di condurre due esistenze parallele. Nella prima sono stato un calciatore, adesso sono il titolare di un supermercato e, con lo scopo esclusivo di divertirmi e senza percepire un centesimo, alleno una squadra di Terza Categoria. Ho rischiato di affogare nel “Fango del Dio Pallone”, per dirla alla Carlo Petrini, ma oggi sono orgoglioso di essere rimasto a galla. Lo scopo della mia testimonianza è diretto ai giovani, ai quali consiglio e auguro di non perdere mai di vista la realtà, nemmeno durante l’attività agonistica, altrimenti i dolori sono dietro la porta. Coltivate sempre i vostri interessi e non vivete di solo calcio, perché quando si spengono i riflettori ci vuole un secondo a diventare un brocco. Distinguete gli amici veri da quelli falsi e ricordate che, comunque vada, l’uomo ha sempre la precedenza sul giocatore. Non riesco più a scrivere nulla: vi saluto.

Le puntate precedenti:

07/02/2013 – La sociologia nel pallone: parola a Francesco Mattioli

14/02/2013 – Francisco Ramon Lojacono: un ricordo da salvare

21/02/2013 – Luciano Re Cecconi: la diversità fatta persona

28/02/2013 – Jason Mayelé: il ritardatario che volava sulla fascia

07/03/2013 – Da Zampagna a Balli: i viziosi allegri

14/03/2013 – Le nuove leve del tifo: addio provincia

21/03/2013 – La psicologia applicata al pallone. Prof. Fabio Lucidi: “Questo sport influenza la società”