Giù dalla torre

Non sarà semplice, no, non lo sarà affatto. Risollevarsi, per quelle due là in fondo, sembra tutt’altro che il classico e inflazionato “gioco da ragazzi”. Quarantadue punti in due: soltanto insieme, quindi, raggiungono quella quota punti che, solitamente, vuol dire salvezza. Dunque, per Pescara e Palermo la situazione è piuttosto dura: entrambe a ventuno lunghezze, entrambe con enormi difficoltà di manovra e finalizzazione; l’aria che si respira è tutt’altro che leggera, e ci mancherebbe pure: si è nelle sabbie mobili fin sopra la cintola, non c’è nessuno in giro a cui chiedere una corda, insomma: pian piano si sprofonda e, a meno che non si trovi un appiglio, via giù, nel baratro.

Dividiamo, però, le cose: Pescara e Palermo vivono una situazione simile, ma è effettivamente quella dei siciliani la condizione che stupisce maggiormente. Perché Miccoli e compagni ci avevano abituati a ben altro tipo di campionati negli anni scorsi, e vedere, adesso, i rosanero in netta difficoltà lascia un po’ di amaro in bocca. Perché, in fondo, ci si è affezionati al Palermo in Serie A: è passionale la sua tifoseria, è sentito il derby col Catania, è tanto tempo che il massimo campionato diverte anche grazie alle gesta di Miccoli e compagni. Il problema, però, sussiste, è alla fonte, ne abbiamo già parlato e riparlato, ed era scontato che prima o poi si sarebbe manifestato. Scovarlo è semplice: il suo patron e la sua smania liquidatrice. Certo, la squadra quest’anno non è così eccellente, ma se Zamparini avesse dato a Sannino il giusto tempo per assestare il gruppo, probabilmente la situazione sarebbe, adesso, diversa. Gasperini: idem. Chiamato in fretta e furia e anche lui, zak, silurato in men che non si dica. Adesso, con Sannino tornato alla guida, e in una situazione disperata, la matassa sembra difficile da sbrogliare.

Difficile, e ingarbugliatissima, è ovviamente anche quella del Pescara. A primo impatto, gli abruzzesi sembrano praticamente senza speranza. Bucchi dice di crederci, Sebastiani – pure lui, non è che abbia avuto tanta pazienza con Stroppa e Bergodi – pretende carattere, e nel frattempo si becca la contestazione della sua tifoseria. Che lo accusa di aver lasciato condurre al suo direttore sportivo, Delli Carri, un mercato scadente. Centro. Diciamocelo, infatti: lo sappiamo tutti sia da agosto che la rosa dei delfini non è mai stata all’altezza della Serie A. Tanti giovani, troppe scommesse. Qualcuna pure vinta (Weiss, Quintero, che magari frutteranno qualcosa economicamente…) ma che, da sole, non possono trascinare la baracca. E allora, via, giù nelle sabbie mobili: pian piano si scende sempre di più. La zona salvezza è, sì, cinque lunghezze più in alto, dove c’è un’altra bella baruffa tra Siena e Genoa, rispettivamente a 25 e 26: si stanno spintonando sull’orlo, una delle due cadrà. Sulla carta, il Grifone ha più speranza di rimanere in piedi; nel calcio, però, si sa: la carta canta sempre un po’ di meno. La voglia, il cuore, la determinazione, quelle sì che fanno la differenza. La sensazione, comunque, è che non ci vorrà molto – forse giusto un paio di settimane – per fare chiarezza, e chiudere definitivamente il discorso retrocessione.

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Alex Milone