Da giovane arcigno difensore dell’Udinese di Spalletti, adesso commissario tecnico dell’under 20 di Lega Pro. Ecco il percorso di Valerio Bertotto, classe 1973, estasiato per il suo nuovo incarico di allenatore che gli consente di visionare, settimanalmente, i talenti della Lega Pro. E ai dirigenti delle grandi squadre ricorda: puntate sui nostri ragazzi.
Valerio Bertotto, una vita nell’Udinese da calciatore. Le manca Udine e ci spiega il segreto della famiglia Pozzo?
Mi ritengo fortunato perché, comunque, vivo ancora in Friuli grazie a un incarico lavorativo che mi lascia “libero” come sede. La mia vita calcistica, ovviamente, è legata in gran parte alla società Udinese che mi ha dato tanto e a cui io ho dato tantissimo. Abbiamo raggiunto insieme traguardi incredibili, da campionati d’alta classifica alla partecipazione alla coppa Campioni.
Le manca il calcio giocato?
Beh, non del tutto. Io, in tutta onestà, avrei continuato a giocare ancora per un paio d’anni perché mi sentivo un “giovincello” che qualcosa poteva dare ancora alla causa. Ma quando vedi che devi presentarti quasi con il “curriculum” per essere tesserato e non ti senti più bene accetto, cambi idea.
Come si trova nelle vesti di commissario tecnico? L’affascina un’avventura sulla panchina di un club?
Partiamo dal presupposto che il mio sogno, fin da subito, è stato quello di diventare allenatore una volta appese le scarpette al chiodo. Finalmente ciò è diventato realtà, perché sono un tipo che non si scoraggia facilmente. Il ruolo che mi ha affidato la Federazione mi dà grande prestigio e crescita professionale. Di certo, comunque, nel mio futuro c’è voglia di allenare un club d’alto livello: io sono fatto così, non voglio pormi alcun tipo di “paletto”.
Per lavoro segue attentamente il campionato di Lega Pro. Nei due gironi di Prima Divisione è tutto aperto: si aspettava così tante difficoltà da parte del Lecce?
Il campionato del Lecce dimostra che nel calcio nulla è scontato. Può sembrare una frase fatta, ma non lo è assolutamente. I giallorossi pagano lo scotto di essere passati in meno di tre mesi da un palcoscenico come la serie A, a uno come la Lega Pro. Niente, nel calcio, ti setta di diritto, anzi: devi guadagnarti tutto col sudore del lavoro.
Mentre il Latina adesso rischia grosso…
Sì, la squadra laziale ha avuto una leggera flessione che l’ha portata a riaprire i giochi. Vedere una formazione favorita, in questo momento, è presto perché mancano alcune giornate al termine e ci sono parecchi scontri diretti in ballo. La differenza la farà quella squadra che potrà contare sul mx tra qualità dei calciatori e il giusto “modus operandi”.
In Seconda Divisione, invece, c’è la Salernitana che sta per ritornare ad alti livelli. Come giudica il lavoro svolto dalla società di Lotito?
La Salernitana, indubbiamente, ha disputato un campionato di tutto rispetto dominando in lungo e largo. Ottimo il lavoro di Lotito che, non sazio di quanto di buono fatto con la Lazio, ha cercato nuovi stimoli in Campania. Nelle fila granata ci sono tanti giovani interessanti e sono convinto che riusciranno a ottenere la promozione meritata.
Dovesse consigliare qualche giovane di Lega Pro alle squadre dei piani alti?
In questa stagione ho seguito dal vivo a ben sessantadue partite, facendomi diverse idee sui ragazzi che calpestano l’erbetta dei campi di periferia. Molti di questi potrebbero stare benissimo in campionati superiori, come la serie B o la serie A. Faccio un monito ai dirigenti: invece di sperperare i denari all’estero, puntate sui nostri ragazzi: non ve ne pentirete.
Questione “Salary cap”, argomento della settimana. Cosa ne pensa?
Penso che finalmente, nel nostro calcio, ci si stia portando avanti. Abbiamo bisogno di regole, normative e presidenti seri. Se tutto ciò verrà concretizzato alla lettera nascerà una nuova era per il nostro calcio. Spesso, purtroppo, si parla d’aria fritta rischiando di far allontanare chi questo sport lo ama davvero.