Il comunismo del pallone: le prime d’Italia vincono senza bomber

Il calcio è cambiato. Nonostante le resistenze dialettiche dei più romantici, il dato è innegabile e non mente. Non basta più avere dei difensori alla Gentile che ti si attaccano alle caviglie e non ti lasciano respirare o un centravanti che vive esclusivamente per il gol e la butta sempre dentro. Adesso si vince con il collettivo, inteso come la totale partecipazione di ogni elemento alle due fasi di gioco. Se vogliamo è anche un’ulteriore attestato della grandezza dell’Ajax anni 70 e di Rinus Michels, l’architetto del calcio totale, colui che, con maggior poesia rispetto ai tempi odierni, capì e sperimentò per primo questo comunismo del pallone. Da quel momento in poi non ci si è più fermati: le idee sono salite al potere, originando continue variazioni in serie dalle quali non riusciamo a scappare ancora oggi. Ma, forse, tutto il giro era stato organizzato per ritornare al punto di partenza.

Juventus, Sassuolo, Trapani e Avellino. Quattro compagini così diverse per storia e collocazione geografica, eppure così simili per il presente. Tutte guidano la classifica dei rispettivi campionati, in termini di punti ma anche di record: migliore attacco o quasi (l’Avellino, nel girone B di Prima Divisione, è dietro di un solo gol alla Nocerina), migliore difesa, miglior differenza reti, maggior numero di calciatori mandati in gol e… nessun bomber di razza. Già, perché in fondo è un record anche questo. I massimi realizzatori della Juventus sono Quagliarella, Vucinic e Giovinco, a quota 7, mentre nel Sassuolo comanda Boakje con 10 centri; a Trapani si dividono il primato Mancosu e Abate, 10 sigilli a testa, ed Avellino si coccola Castaldo, 11 volte in rete ma con l’ausilio di ben 4 rigori. I neroverdi di Eusebio Di Francesco possiedono ben 14 giocatori che nel corso del torneo si sono regalati almeno una gioia, i bianconeri ed i siciliani 13, gli irpini 12. Tanti numeri, forse troppi, ma da capogiro. Se tu hai in rosa Edinson Cavani, oltre a essere giustamente al settimo cielo, finisci per dipendere dalle sue prodezze e ne risenti in maniera eccessiva nei periodi in cui, come quello recente appena superato, il campione accusa un calo fisiologico. E’ la fotografia del Napoli. E’ vero che 20 gol restano sempre 20 gol sia se siglati da un uomo solo che da tre, però in chiave classifica non è lo stesso. Mi spiego meglio: El Matador quando è in vena realizza triplette e doppiette, ma appena si ferma un attimo ecco che la sua squadra non va oltre il pareggio perché nessuno la mette dentro. In sostanza, è più vantaggioso possedere un nugolo di piccoli bomber che un solo grande bomber (unire le due cose sarebbe il top).

Si vince con il comunismo quindi: tutti lavorano per le due fasi di gioco e si suddividono il bottino di reti e compiti sporchi. Le eccezioni, poi, ovviamente non mancano ed elevano il complesso a livelli sublimi. E’ la nuova fase del pallone, in questo caso quello nostrano, ed è un ritorno alle origini del genio. “Non fate il calcio totale voi umani; è troppo difficile, basta solo che vi ci avviciniate e sarete grandi“: lunga vita a Rinus Michels.

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Francesco Loiacono