La Za(m)pata vincente

Chi riesce a capire cosa succede al Barcellona quando gioca sul prato di San Siro alzi la mano, perché sarebbe probabilmente l’unico. Milan e Inter, quando vedono blaugrana, sono cugini per davvero: se lo augurano i tifosi rossoneri, che sperano di riuscire a fermare la “Remuntada” proprio come la squadra di Mourinho.

E’ stata una partita strana, una serata storta per gli ospiti che si è trasformata nel sogno di ogni milanista presente allo stadio, davanti alla tv o con l’orecchio alla radio. In queste ore, come è giusto che sia, si sprecano gli elogi al club di Massimiliano Allegri, uscito rinforzato da questo incontro come non mai nella stagione corrente. Corta, attenta, organizzata e compatta: sono soltanto alcuni aggettivi di questo Milan versione trincea, capace di logorare e cuocere a fuoco lento gli avversari arrivati dalla Spagna con la sicurezza di chi, nel proprio curriculum, si è dimenticato di inserire la voce “umiltà”.

La stessa umiltà che, invece, consiste in uno dei punti forti di El Shaarawy, un faraone che sembrava ormai privato del proprio trono e invece ha deciso di riaprire il sarcofago nella serata più opportuna. Su quella fascia ha ricordato un altro eroe di San Siro, un certo Samuel Eto’o: per il suo lavoro sporco, per il suo sacrificio, per quella capacità di emozionare il pubblico anche solo con un recupero difensivo sull’ala di turno. Oltre a tutto questo, però, Stephan è riuscito a inserire la giocata da fuoriclasse, un assist al bacio che Muntari ha dovuto soltanto spingere oltre la linea (anzi facciamo in fondo alla rete, per fugare ogni dubbio).

Balotelli ieri sera è rimasto in tribuna a guardare, tifare ed esultare con Robinho: lui che ai tempi dell’Inter agiva praticamente da sesto uomo del basket, cioè entrando dalla panchina con il compito di spaccare la partita. A volte ci riusciva, altre meno, ma la somiglianza con Niang non è solo fisica, perché ieri sera il francese è sembrato un veterano in occasione del gol: ha protetto palla, ha attirato su di sé l’attenzione della difesa blaugrana, e poi ha servito splendidamente El Shaarawy. Peccato per gli altri atteggiamenti, sicuramente non graditi da Allegri, come ad esempio il cercare di dribblare (perdendo il pallone) Jordi Alba al 93′, quando gli si chiedeva soltanto di tenere quel dannato pallone tra i piedi e, possibilmente, lontano dalla porta difesa da Abbiati.

Gli Oscar nel calcio non esistono, ma ieri sera la regia di Allegri è stata veramente eccezionale, come detto in precedenza: il miglior attore protagonista, invece, è stato Boateng, che con quel gol ha letteralmente spaccato in due la partita (e le critiche), riprendendosi il Milan e i milanisti. L’uomo che non ti aspetti, invece, viene dalla difesa e ha portato la partita sui binari giusti con un tocco di mano – involontario – che ha propiziato poi il sinistro del ghanese: è lui, Cristian Zapata, il miglior attore non protagonista della serata. Ma si sa, la fortuna aiuta gli audaci, e il Milan lo è stato eccome.

Il flop, invece, ha un nome e un cognome: Lionel Messi, l’extraterrestre, l’uomo che ormai deve soltanto decidere quale record battere e farlo. Ieri no, perché la marcatura a uomo tanto invocata dal presidente Berlusconi alla fine non c’è stata; Allegri ha fatto i compiti a casa, e come la storia insegna, per limitare Leo bisogna costruirgli una gabbia attorno. E persino il re della foresta, il leone più aggressivo, una volta ingabbiato non può fare altro che abbassare lo sguardo e arrendersi allo strapotere avversario. E, per favore, preghiamo i media spagnoli di non ironizzare sull’ennesima impresa “catenacciara” di un’italiana in Europa: sareste scontati e ripetitivi all’inverosimile.

Forse sarebbe meglio registrare il video di questa partita, per spiegare alle altre diciannove squadre della Liga come si batte questa compagine di alieni: per carità, una serata storta può capitare a tutti, ma l’impressione è che se Messi non accende la miccia, in questo Barça è difficile che i compagni “esplodano” in maniera autonoma. E contro una squadra così chiusa a protezione della propria area, è dura per Pedro, Sanchez e compagnia riuscire a trovare il varco giusto con il tiki-taka, questo possesso tanto prolungato quanto sterile se affrontato nella misura corretta.

Sulla terra, però, le imprese sono sempre più facili per le nostre squadre: non è ancora finita, per passare il turno serve limitare i danni in casa degli extraterrestri, sperando che incappino di nuovo nella giornata sbagliata. E a quel punto non conterebbe più nulla, né le Za(m)pate vincenti con la mano, né il catenaccio, né il tiki-taka: dovremmo soltanto narrare un’altra bella pagina di sport nostrano, che già straripa di imprese europee sui più prestigiosi campi internazionali.

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Alessandro Lelli