A caccia dell’identità perduta

Vivere senza sapere il proprio futuro. Perlomeno quello prossimo, perché la speranza è che un po’ più in là baracca e burattini siano definitivamente sistemati, e lo spettacolo possa essere finalmente garantito. Vivere, inoltre, senza sapere la propria identità; da squadra con un enorme potenziale e possibile sorpresa, a flop clamoroso, il secondo consecutivo in due anni, con critiche e dita puntate come inevitabile conseguenza.

La Roma è una squadra da sistemare, e su questo non ci piove. Sarebbe opportuno però che riuscisse a farlo in modo che almeno uno dei tanti progetti decantati in questo biennio tragicomico possa rivelarsi di cemento, e non di cartone. Anche perché poi va a finire che la colpa finisce tutta a coloro che ne hanno, sì, ma non sempre così tanta: gli allenatori. Luis Enrique prima, Zeman poi. Scomparso il primo, silurato il secondo, entrambi senza avere la possibilità di esprimere le loro idee in maniera completa, senza che gli fosse dato il modo e, soprattutto, il tempo per plasmare la squadra come mente lor diceva.

Che l’esperimento di Lusi Enrique fosse a tratti esagerato, poi, lo si era capito; va bene valorizzare i giovani, ma quel gioco lì, quel tike-take… da noi, in Italia, proprio non funziona. L’altro esperimento, quello zemaniano… beh, forse col tempo avrebbe funzionato. Con un po’ di disciplina in più magari, e senza quelle pressioni procurate dall’obbligo di dover gioco forza fare risultato, probabilmente si sarebbe cavato il ragno dal buco. D’altronde, il contratto biennale del boemo parlava chiaro: il primo anno di transizione, di lancio; il secondo, di combattimento.

Le cose, però, come ben sapete, non sono andate così. E adesso… tutto è nelle mani di Aurelio Andreazzoli. Che di calcio ne capisce, ci mancherebbe, però… sembra veramente difficile che possa essere l’uomo giusto al posto giusto, quello che mescoli le carte e peschi l’asso pigliatutto a ogni mano. In effetti è un traghettatore, in attesa dell’allenatore del futuro. Che forse sarà Mazzarri stando alle ultime voci, forse Allegri. Loro o altri più in là, lui adesso, Andreazzoli. E proprio lui dovrà vedersela contro Conte e i suoi piccoli fenomeni fra qualche ora, in una partita che là nella Capitale non è mai come tutte le altre.

Roma-Juve è  storia e tradizione, è l’unica sfida che può avvicinarsi (avvicinarsi, eh) alla stracittadina. Di pressione, Andreazzoli ne sentirà tanta sulle sue spalle, nonostante l’ovvia “responsabilità limitata” che la Società gli ha garantito. L’Olimpico sarà gremito, e urlerà anche il suo nome. Lui si sentirà per la seconda settimana allenatore “in prima” (passatemi il termine), dopo tanti anni svolti da secondo. Ipse dixit: “E’ un’occasione irripetibile”. Sia di riuscire in quella che appare un’impresa, vincere contro la Vecchia Signora, sia magari di ritrovare l’identità giallorossa, ora come ora smarrita chissà dove.

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Alex Milone