Un altro calcio – Francisco Ramon Lojacono: un ricordo da salvare

Ci sono storie che si perdono nel fumo del tempo che scorre e riportarle a galla diventa quasi impossibile. Ci sono personaggi che hanno segnato decenni, influenzato i ragazzini e fatto sognare i tifosi: abbandonarli nel cassetto dei ricordi sbiaditi è un peccato per chi ama il calcio e tutto ciò che ne consegue. Francisco Ramon Lojacono (nella foto il primo in basso a sinistra) fu molto più di un centrocampista offensivo, innanzitutto perché definire esattamente la sua collocazione in campo è già un’impresa. Nato a Buenos Aires l’11 dicembre 1935 e sbarcato in Italia il 25 dicembre 1956, salvò subito il Vicenza da una retrocessione annunciata e si candidò come uno dei talenti più puri di quel periodo. Il suo è un romanzo che non posso raccontare in pieno, perché altrimenti macchierei un futuro film che si preannuncia molto affascinante. Di origini calabresi, Lojacono fu uno dei capostipiti della dinastia “genio e sregolatezza”; passato subito alla Fiorentina, alla quale già apparteneva la metà del suo cartellino, dopo l’esperienza veneta, sciorinò lampi di classe pura in una squadra che centrò quattro secondi posti consecutivi.

Era un giocatore d’attacco, ma chi lo conosce bene sostiene che avrebbe potuto benissimo trasformarsi in un centrocampista completo se solo avesse voluto. Allenatore dei viola era il leggendario Fulvio Bernardini, che per lunghi tratti lo impiegò sull’ala nonostante il parere contrario del funambolo. Lojacono aveva un tiro potentissimo: con un destro dalla distanza era capace di risolvere la partita in qualsiasi momento e la gente lo sapeva. Per questo gli vennero perdonati i vari eccessi del suo cammino. Nel 1960 si trasferisce alla Roma, negli anni della “Dolce Vita”, e trova l’ambiente naturale per dar sfogo ad un’enorme voglia di valorizzare la giovinezza e il successo. Ballava il tango con Anna Magnani sulle strade di Via Veneto; si faceva fotografare nei luoghi più in vista con Claudia Mori, futura signora Celentano e sua vecchia fiamma. La relazione tra i due riempì le poche pagine allora dedicate al gossip. Fu forse il primo calciatore ad essere selezionato nel cast di un film, “Avventura al Motel” del 1963, e ciò la dice lunga sulla popolarità che ebbe nel corso della carriera. Oriundo, giocò 8 partite nella Nazionale italiana e le condì con ben 5 gol, uno dei quali all’esordio contro la Spagna di Di Stefano. Il 27 novembre 1961 fece impazzire l’Olimpico in un Roma-Juve: non volle uscire nonostante un infortunio e, con il braccio attaccato al collo, siglò la rete che permise ai giallorossi di sconfiggere una rivale storica. Lojacono ricordò così quel pomeriggio: “La partita era cominciata alle 14:30 ed io avevo fatto l’amore con una splendida donna fino alle 11”.

Come accade nove volte su dieci, però, a lungo andare divenne una vittima dei suoi vizi. Cercò di rilanciarsi ritornando a Firenze, ma ormai sul rettangolo verde non era più lui. Si ricordano espulsioni a gogò, per continue risse con gli avversari, ed uno schiaffo rifilato a Gratton, compagno di squadra, davanti a uno stadio intero. Provò alla Samp, ma non ci fu nulla da fare. Chiuse allora da calciatore nell’Alessandria, tranquilla provincia, e proprio laggiù ritrovò un po’ di pace e dimenticò forse definitivamente le sregolatezze tipiche del suo repertorio. Dalla compagine piemontese partì poi la sua lunga avventura da allenatore, che si concluse nel 1985 ad Agrigento e lo vide sulle panchine , tra le altre, di Bari, Salernitana, Cavese e Livorno. Morì nel 2002 a Palombara Sabina, campagna laziale a due passi da Roma, per una malattia ai polmoni; successivamenti fu aperta un’inchiesta e il suo decesso divenne sospetto: a ben quattro elementi della Sampdoria 64/65, infatti, toccò la stessa sorte. Secondo le indagini di Raffaele Guariniello, anche in questo caso c’è lo zampino della SLA e dei medicinali sballati assunti all’epoca. Non poteva esserci una fine tranquilla, quasi anonima, per l’eccesso fatto persona. Lojacono si divertiva più tra le lenzuola di un modesto hotel o tra i banchi di un casinò, ma chi lo ha visto accarezzare il pallone afferma senza dubbio che fu un campione assoluto e che meriterebbe, oggi, una considerazione maggiore. Vorrei raccontare di più, ma non posso: ci sono ancora tante pagine da riempire su Francisco Ramon…

P.s. La vicenda capitata a Oscar Pistorius ci ha riportato alla mente Luciano Re Cecconi, ex centrocampista della Lazio che perì per uno scherzo del destino. Giovedì prossimo, la puntata di “Un altro calcio” sarà dedicata a lui.

Le scorse puntate:

06/02/2013 – La sociologia nel pallone: parola a Francesco Mattioli