Risolviamo il dilemma: Celtic modesto, ma questa Juve “deve” sognare!
Grande Juventus o piccolo Celtic? Per una settimana siamo apposto: l’argomento di discussione ci è stato gentilmente offerto su un piatto d’argento dalla fascinosa Champions League. Opinionisti da strapazzo e “facebookiani” (che termine brutto!) cronici sguazzeranno come piragna impazziti nel fango del calcio parlato; i bianconeri si difenderanno dagli attacchi degli “invidiosi” affermando che al Celtic Park è caduto anche il Barcellona e i loro avversari risponderanno che i blaugrana, in quell’occasione, avevano già la certezza di aver passato il turno. Insomma, tutto e il contrario di tutto.
La verità, come sempre in questo pittoresco mondo, sta nel mezzo: il Celtic può contare sul supporto di un pubblico stupendo e sul tipico mix di fisicità e grinta attraverso cui i britannici concepiscono il pallone, ma tolte le due armi sarebbe una squadra che lotta per non retrocedere nella nostra Serie A. Nondimeno le difficoltà ambientali esistono ogni qualvolta li si va ad affrontare in casa loro, soprattutto se si è già arrivati ad un punto decisivo della competizione per club più importante d’Europa. La Juventus ha stravinto il confronto di ieri sera proprio dal punto di vista mentale, perché i molti singoli non hanno patito il peso della prima volta a livelli così alti e in uno stadio così “rumoroso” (eufemismo). A parità (come minimo) di agonismo e attributi, il divario tecnico è uscito fuori prepotentemente ed ha disegnato un finale che ha sorpreso tutti e che, per fortuna dei giornalai, ha estratto dal cilindro il nuovo tema per le polemiche e i teatrini.
La formazione di Conte, e timidamente rispolvero alcune nostre vecchie idee, sembra costruita su misura per la Coppa dalle grandi orecchie: equilibrio e partecipazione di più uomini, quasi l’intero undici, ad entrambe le fasi; ritmo, intensità di gioco, un nugolo di calciatori bravissimi ad attaccare la profondità e un altro, Pirlo, che sa pescarli con maestria; forza mentale, fame e spirito di squadra. Tutte qualità che in Europa fanno la differenza. Aggiungiamoci pure che, a dispetto di ciò che avviene tra le mura italiche, i torinesi non hanno l’obbligo di ottenere il massimo risultato, non si sentono i più forti e non possiedono una pancia già in piccola parte riempita. In una parola: nei giorni infrasettimanali, sotto un cielo stellato, ritorna la Juventus dello scorso anno. Quella imbattibile, quella che correva a mille e sbranava l’erbetta. La stessa che osservando il tabellone della Champions League 2013 può proiettarsi ai quarti con un sogno inconfessabile eppure nettamente vivo.