I grandi del calcio russo: Vladimir Bystrov, l’uomo “veloce”

Nella sesta puntata della nostra rubrica andiamo alla scoperta di un calciatore che ha vestito la maglia di due sole squadre, ma non per questo può essere considerato una bandiera, anzi.

La caratteristica principale di Vladimir Bystrov è la velocità. Di nome e di fatto. “Bystro” in russo vuol dire guarda caso “velocemente”, e Vova in campo dimostra come il suo appellativo sia azzeccatissimo. Certo, i tifosi non lo ricordano soltanto per questo: il suo passaggio (e ritorno!) dallo Zenit allo Spartak Mosca resterà negli annali del calcio russo. Una “mercenariata” d’altri tempi.

Bystrov, l’ha detto lui stesso, è un uomo attaccato ai soldi. Il suo ritorno a San Pietroburgo nell’estate del 2009 non è stato però controverso o discusso: tutti non lo volevano. In quel finale di stagione però, Bystrov risultò spesso decisivo e tenne a galla uno Zenit caracollante, ma ad ogni sua marcatura corrispondevano i fischi, nella manifestazione di una situazione alquanto paradossale, ma non del tutto incomprensibile. Nessuno gli perdonava, e gli perdona tutt’ora, l’aver vestito la maglia degli acerrimi rivali dello Spartak, ed esserne addirittura andato orgoglioso.

Per capire quanto i suoi ex tifosi non lo rivolessero basta leggere gli striscioni che furono esposti a Krasnodar in occasione della Supercoppa nazionale del 2011, vinta col CSKA (gol di Ionov). “Grazie Odil, 34”, in riferimento ad Odil Akhmedov, mediano uzbeko dell’Anzhi che infortunò per 4 mesi Bystrov (numero 34 dello Zenit). E ancora, “Un infortunio, quattro mesi di felicità”. Ma, allora, perchè Vova decise di tornare? E, soprattutto, perchè decise di andarsene a suo tempo?

Ovviamente non è possibile dare una risposta concreta, si può giungere al massimo a delle ipotesi. Bystrov ha sempre negato di essere andato via allo Spartak per soldi (unica reale motivazione possibile, in fondo, per andare proprio allo Spartak e non altrove), facendo riferimento ad un aumento ottenuto pochi mesi prima. Lui voleva giocare la Champions League. Che detta così, adesso, fa ridere. Ma nel 2005, effettivamente, i posti in Champions League erano di meno e lo Zenit di Petrzela non aveva le ambizioni che ha poi cominciato a maturare negli anni successivi, sotto la gestione Advocaat.

Ma Bystrov non si è limitato a tradire alle spalle chi l’aveva cresciuto: con la casacca dello Spartak, negli epici scontri con lo Zenit, si è calato alla perfezione nella nuova realtà, esultando e rilasciando dichiarazioni poco carine verso la squadra e la città che l’avevano cresciuto. Da lì il naturale odio dei tifosi che poi non l’hanno rivoluto nel 2009. Calcisticamente parlando (e ora sarà meglio cominciare a trattare del Bystrov giocatore), fu un’ operazione fantastica per lo Zenit.

Come detto, nell’estate del 2009, con Kezman e l’inumano Fatih Tekke unici baluardi offensivi, Vladimir regalò velocità (il minimo, per lui), verve, idee e trascinò lo Zenit ai preliminari di Champions League, permettendo quindi la venuta di Luciano Spalletti nell’inverno successivo.

Personaggio polemico, odioso e odiato, Bystrov in campo è un fulmine che può spezzare in due la retroguardia avversaria, con le sue mirabolanti cavalcate. Dotato di un buon piede, è un giocatore di qualità indiscusse nel rooster di Spalletti. E, particolare non da poco, la butta dentro. Ed è per questo che buona parte del pubblico di San Pietroburgo lo ha piano piano riaccettato a casa. Giusto così, in fondo, lui ha fatto di tutto per meritarselo, cancellando con i gol e le ottime prestazioni il suo passato, per usare un eufemismo, controverso.

Quest’anno, quantomeno, nel 9-2 complessivo con lo Spartak, ha vestito la casacca giusta.

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