Quest’anno, nella massima serie olandese, il Vitesse sta facendo un’ottima stagione. Al momento i gialloneri di Arnhem sono sesti, ma a soli cinque punti dall’Ajax secondo e a tre dalla quarta piazza (occupata dal Feyenoord), la quale garantisce l’accesso diretto all’Europa League. Cosa spinge una squadra tradizionalmente di serenissima mezza classifica che può al massimo vantare un secondo posto nel campionato del 1997/1998 fino al sesto posto in graduatoria (settimana scorsa quarto)?
Quest’anno la risposta è semplice: la consacrazione di Wilfried Bony. L’attaccante ivoriano è il segreto di questo Vitesse che tanto bene sta facendo ed è anche, per ora, il top scorer del massimo torneo nazionale dei Paesi Bassi. Ventiquattro anni appena compiuti, il giovane ariete africano è dotato di una corporatura talmente massiccia che s’è guadagnato l’appellativo di Hulk africano. Non altissimo (1,82 m), il numero 9 giallonero si fa sentire in area di rigore in virtù dei suoi quasi 88 chili di peso e ha comunque nel repertorio il colpo di testa come uno dei suoi pezzi forti.
Non bisogna però immaginare un confronto con altri bomber attuali, sia pure africani o della Costa d’Avorio: non ha le movenze raffinate e il dribbling assassino di Samuel Eto’o o la devastante potenza nella progressione palla al piede di Didier Drogba. Wilfried ha un talento che lo rende temibile e imprevedibile al tempo stesso; possiede infatti un modo di giocare completamente istintivo e intuitivo, abbinato a una prepotenza atletica che lo rende un cliente scomodo per qualsiasi difensore. Usa preferibilmente il destro (anche se è in grado di segnare anche col mancino) e la gran parte delle sue reti le realizza di piede. Ha un ottimo tiro, sia da dentro che da fuori area, il che lo rende un bravo finisseur delle azioni di rimessa. È un rigorista freddo e preciso, molto sicuro: delle sue sedici reti totali in stagione due sono state siglate dal dischetto.
Vedendolo caracollare in campo, sornione nell’aspettare il pallone giusto su cui posare le sue grinfie, si potrebbe pensare che sia un centravanti boa vecchia maniera, uno da sportellate e da piedi indelicati. Niente di più falso. Certamente non è un giocatore elegante, col pallone tra i piedi sembra sempre, a prima vista, un pesce fuor d’acqua, ma non è affatto così: pur non avendo uno scatto fulmineo, è in realtà molto rapido nel gioco di gambe, nell’assist o nella conclusione. Solo al replay, infatti, ci si rende conto che quel che sembrava un cincischiare fine a se stesso con la sfera è in realtà un rapido movimento teso a mettere fuori causa difensori e portieri avversari. Il tutto però sempre rispettando la regola base del giocatore, e cioè la sua naturalezza e semplicità. Niente numeri o giochi di prestigio, né CR7 né Messi o Touré, giocate lineari ma spesso efficacissime.
In Olanda ormai lo apprezzano da due anni precisi e, da quando è al Vitesse, ha fatto registrare la non trascurabile media di 43 centri in 65 partite. Non proprio una media da bidone. Anche in Repubblica Ceca, allo Sparta Praga, se lo ricordano bene: 33 reti in 79 match nello spazio di due anni e mezzo trascorsi in Boemia.
Difficile pensare cosa riservi il futuro a questo giocatore… Data la sua affinità coi campionati mitteleuropei lo vedrei bene in Germania, forse tra un anno e mezzo o due. Prima però, ha ancora una missione da compiere.
Deve riportare il suo Vitesse in Europa.