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Si vendono le partite? Problemi loro

Anche lontano dall’Italia si vendono le partite. Come bisogna trattare questa notizia? Esattamente in maniera identica a tutte le altre, senza ignorarla, senza piangerci sopra, senza stendere pagine e pagine di morale per un (falso) mito che crolla. Ma cosa ci aspettiamo dal calcio? Io proprio nulla. Non è un’entità astratta, un Paradiso terrestre fuori dal mondo, una terra santa di eroi. E’uno specchio della società, uno dei tanti, e da essa ne assorbe pregi e difetti. La differenza è una sola: ogni cosa è accentuata, amplificata, per l’eco incessante dei media che crescono come funghi e per la richiesta inesauribile di informazioni, gossip e polemiche da parte del pubblico. Se l’argomento è fasullo, va bene lo stesso. L’importante è avere qualcosa su cui discutere.

Perché pretendiamo che l’attaccante forte e giovane sia un esempio per i nostri figli? Perché abbiamo ormai da tempo perso i riferimenti culturali ed etici. Non crediamo più nella politica, non leggiamo mai un libro serio, non ci piace studiare la storia perché noiosa e così distante dal XXI secolo; non possiamo cibarci che di calcio, l’unico emisfero accessibile a tutti, in cui la logica non serve e in cui ognuno può dire la sua con la ferma convinzione di avere ragione e di essere il più grande esperto in materia. Il quesito che io vi pongo è questo: cosa mai può insegnare il Cassano o il Balotelli di turno a un bambino? Può forse infondergli nelle vene l’educazione, il rispetto e il senso del dovere? Scusate ma penso esistano modelli più validi. Il fatto di percepire stipendi da capogiro, inoltre, non significa automaticamente condannarsi a diventare santoni di virtù come molti vorrebbero. Fortuna, belle macchine, tanti soldi e poi dichiarazioni stupide? Problemi suoi, non parliamo mica di uno scienziato. Perché litigare per lui? Lasciamo che il calciatore sia calciatore e basta, isoliamo quei genitori che tarpano gli orizzonti ai propri ragazzi e non gli spiegano che al di là del prato verde c’è un universo intero, disincantiamoci e torniamo alla realtà. Per alcuni potrebbe essere doloroso, lo so, ma almeno si eviterebbero un cumulo di sofferenze inutili per una partita venduta, eliminerebbero la smania del successo a ogni costo e inzierebbero a godersi di più il gesto tecnico o la mossa tattica dell’allenatore.

E gli organi di informazione, in tutto ciò, in quali acque galleggerebbero? Io ho la mia idea: sarebbe sano riportare solo le notizie attinenti al gioco, eliminare lo spazio dedicato alla moviola, ignorare i gesti da censura e fare strappi alla regola esclusivamente per gli individui che li valgono (perché le belle persone non sono mai di troppo e perché se il denaro non implica la bontà, allo stesso tempo non la esclude). Ma si potrebbe mai andare contro agli interessi? Non in questo mondo. E allora prendete il mio editoriale come una semplice utopia, tanto facile da invocare quanto difficile da attuare.