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Quello stile che non c’è più

Il modo di affrontare il calcio, si sa, è questione di stile. O meglio, era una questione di stile. Ed è brutto dover usare non solo il verbo al passato, ma anche dover ammettere che il degrado al quale si sta assistendo riguarda proprio tutti: presidenti, dirigenti, allenatori, giocatori e giornalisti. Nessuno escluso. Altrimenti non saremmo arrivati al “teatrino” che continua ad andare in scena, giorno dopo giorno.

In passato le partite duravano semplicemente 90 minuti: il più delle volte vinceva la più forte, altre volte la più fortunata e altre volte ancora era un’errata decisione arbitrale a decidere il tutto. Un po’ come oggi, insomma. La differenza sta nel post-partita o, più in generale, nell’atteggiamento fuori dal campo: dalle strette di mano seguite dai commenti tecnici, si è passati alle risse, agli insulti, a Chiellini che scende in campo dalla tribuna per protestare, alle foto del gol di Muntari sul cellulare di Galliani, a Marotta che giudica un arbitro inadeguato per via delle sue origini campane (alla faccia dello stile Juve), alla sudditanza psicologica e a De Laurentiis che fugge in motorino dopo il sorteggio dei calendari, sottolineando di vergognarsi di essere italiano.

No, invece. E’ proprio questo che fa vergognare tutti noi non di essere italiani, ma di avere, in Italia, gente di vertice che si comporta in questo modo, quasi come se non avessero ancora raggiunto la maggiore età (con tutto il rispetto per i minorenni). Così come è vergognoso l’atteggiamento dei giocatori in campo, sempre più proiettato verso il “teatrino” di cui sopra: proteste ad ogni fischio, simulazioni, gente che si rotola a terra per far ammonire l’avversario e gente che “sviene” per far passare i minuti di recupero. Farà anche parte del calcio, ma ciò non significa che sia giusto o bello da vedere.

O forse c’è qualcuno che considera “bello” tutto questo: i media. E con “bello” intendo dire redditizio. Sul web non fanno altro che dilagare titoli del tipo “intervista shock” per ottenere quanti più click possibili (con tifosi che se le dicono di santa ragione); sul cartaceo (come anche nel web) bisogna leggere le versioni di 3-4 testate, cercare di eliminare il superfluo (ricamini di parte) e capire, bene o male, dove sta la verità; infine ci sono le tv, che preferiscono mettere la telecamera fissa su Conte o comunque fare la telecronaca dei gesti e delle parole degli allenatori a bordo campo. Se solo utilizzassero tutte queste risorse per capire che nella Juventus gioca Marrone e non Morrone e che Anelka non ha mai vinto la Champions con il Chelsea, l’informazione sarebbe sicuramente più efficace. Sempre se l’efficacia riguarda l’obiettivo specifico dell’informazione e non quello dell’audience.

Spesso si sente dire che il passato lo rimpiange chi non ha futuro, ma qualcuno sa dirmi se esisterà ancora gente come Gianni Brera, Gianni Agnelli, Paolo Maldini, Javier Zanetti e Alessandro Del Piero?