Io sto con Zeman, perché ormai si dice così. Sto con lui perché è impossibile giudicarlo in base ai risultati, altrimenti la vita sarebbe davvero arida e meschina. Se scegli il suo calcio sai benissimo a cosa andrai incontro, difatti Walter Sabatini lo ha messo in discussione più che altro per alcuni comportamenti. Sul campo è stato il solito boemo: gol a grappoli, fase difensiva allegra, sorrisi e docce fredde. Ha valorizzato i giovani, in particolare Marquinhos, Florenzi e Lamela, e le parole pronunciate dal ds giallorosso hanno rafforzato la mia convinzione che sia stato scelto proprio per quello. “Prendiamo Zeman. Ci divertiamo, diamo alla Roma un’immagine diversa e facciamo sì che i nostri ragazzi imparino a giocare a pallone. Poi sarà un nuovo allenatore a raccogliere i frutti della sua semina, impregnandoli di pragmatismo e permettendoci di vincere”. Così si discuteva, a mio avviso, nelle stanze di Trigoria durante la scorsa primavera. La Roma non cullava l’illusione di arrivare prima in classifica con Zeman: quello è stato un messaggio lanciato in seguito dalla stampa e dallo stesso 65enne; la società, per ovvie ragioni, non poteva respingerlo in maniera netta, alla De Rossi.
Io sto con Zeman perché se vuoi cambiare il mondo, legittimare il prezzo del biglietto e crearti il futuro tra le mura domestiche, allora nessuno è meglio di lui. Mi direte che è calcio e non filosofia, che senza i tre punti non vali niente? Perfetto, ma vi rispondo con una frase alla Arrigo Sacchi: “La cosa più importante è farsi ricordare”. Questione di gusti, va bene, ma statene certi che del boemo si parlerà anche tra cent’anni. Detto questo, dato che in fondo sono un italiano pragmatico, affermo che se fossi il presidente di un club medio-piccolo vorrei sempre Zeman, ma se al contrario avessi tra le mani una società illustre punterei su altri tecnici. Se fossi invece Franco Baldini, o colui il quale nella Roma è chiamato a decidere, resterei con lo stesso allenatore fino a maggio (senza chiedergli di cambiare perché equivarrebbe a disonorarlo) e poi cambierei. Stavolta, sì, per trionfare. Tanto per Zdenek da Praga il pallone è uguale ad ogni latitudine. Magari Beppe Ursino me lo porta a Crotone…
E se il ribaltone avvenisse già in questi giorni? Se mi guardo in giro non vedo tecnici da Roma. L’unico è Laurent Blanc, ma puntare su di lui significherebbe affrettare una decisione che i giallorossi devono assumere con la calma più assoluta perché il tempo degli sbagli è finito. Il francese, infatti, sbarcherebbe nella Capitale solo con la certezza di restarvi anche nel 2014. Malesani, Zago, Tovalieri, Giampaolo? Allora perché non Christian Panucci? Scuola capelliana, attaccamento alla maglia, praticità, leadership dello spogliatoio e intelligenza tattica. Non è ancora un allenatore, ma se allenatori non ce ne sono…