Richieste di utilizzare loghi gratuitamente – come evidenziato dal sito volleyball.it in un’intervista al responsabile marketing di Datch -, stipendi non pagati, minacce di non fare giocare la squadra per poi farla invece scendere, chissà con quali energie morali, sul taraflex per la Challenge Cup: con il caso Universal Modena la pallavolo femminile italiana ha toccato uno dei punti più bassi della propria storia. Rino Astarita, patron di Modena, ha recentemente ammesso di essere “un pirla”. Bontà sua, si prende troppo tardi colpe che non sono solo sue. La vicenda con Datch – sponsorizzazione reale o fasulla? Intenzione di diventare main sponsor? Chi può dirlo a questo punto della contesa – sarebbe da lui stata trattata con troppa ingenuità, questo è vero.
Ma ad essere ingenui e assenti sono stati soprattutto i vertici della Lega Pallavolo Femminile. Come si può pensare di non svolgere precise indagini prima dell’inizio della stagione di serie A1 per capire se davvero le società hanno le coperture economiche necessarie non per garantire stipendi faraonici, ma almeno per pagare giocatrici e staff per la durata di tutto l’anno sportivo. Per garantire a tutti la sopravvivenza. “I dirigenti si vergognino” ha ruggito la tigre Tai Augero – per inciso, una con la sua potenza nelle braccia io non la farei di certo arrabbiare – “Cosa farò adesso? Andrò a lavorare” commenta amaramente la centrale Paola Paggi, che a 36 anni forse si aspettava un finale di carriera decisamente meno accidentato.
Fin qu giocatrici e staff. Ma i tifosi? La Universal Modena, così come l’altra naufraga Icos Crema, a inizio stagione hanno accettato con il sorriso sulle labbra i soldi degli abbonati. E ora questo denaro che fine fa? In Italia non c’è la cultura della class action dei tifosi, eppure in questi casi i sostenitori di una squadra un procedimento legale collettivo dovrebbero pensare di intentarlo. Se un tifoso non può pagare, non gli viene venduto l’abbonamento. Se una società non può pagare, invece, l’iscrizione al campionato le viene concessa così come l’ingaggio di giocatrici che poi per qualche mese magari non pagherà. Due pesi e due misure.