FIGC: Baggio addio fra le polemiche. Ora tocca ad Antognoni

Duecentocinque reti in serie A, il Pallone d’oro 1993, i gol in tre diverse edizioni dei Mondiali (‘90, ’94 e ’98, unico italiano a riuscirci): essere stato uno dei migliori calciatori azzurri di tutti i tempi non è bastato a Roberto Baggio per avere successo come presidente del settore tecnico della Federcalcio. Nominato due anni e mezzo fa (4 agosto 2010), sarà sostituito a breve da un altro ex campione che ha fatto la storia della Fiorentina e della Nazionale, Giancarlo Antognoni, uno degli eroi di Spagna 1982. La segnalazione, che come prassi arriva dal presidente dell’assoallenatori Renzo Ulivieri, è già arrivata al numero uno della Figc Giancarlo Abete, rieletto giusto lunedì scorso. Entro fine gennaio diventerà operativa. La notizia era nell’aria. Lo stesso Abete, in un’intervista esclusiva a La Stampa, l’aveva in qualche modo anticipata il 12 gennaio: «Non ci si inventa tecnici da un momento all’altro – spiegò Abete – e Baggio ha avuto delle difficoltà. Le cariche saranno rinnovate e i programmi rivisti, poi starà a lui decidere».

La presidenza dell’ex fuoriclasse di Vicenza, Fiorentina, Juve, Milan, Bologna, Inter e Brescia, vicecampione del mondo con l’Italia di Sacchi a Usa ’94 (sbagliò il rigore decisivo nella finale con il Brasile dopo aver trascinato gli azzurri all’ultimo atto), si chiude con qualche veleno per via di quanto successo prima di Natale, nell’ultima riunione del consiglio direttivo. Baggio propose che tutti i componenti del settore tecnico diventassero allenatori di base, by-passando la partecipazione al regolare corso di Coverciano. Piccolo particolare: tra i promossi ad honorem, oltre all’altro Pallone d’oro Gianni Rivera e all’ex arbitro Alfredo Trentalange, figura anche lo storico manager del Divin Codino, Vittorio Petrone, che in via (molto) teorica ora potrebbe anche seguire Baggio come suo vice qualora decidesse di intraprendere la carriera da tecnico. «E’ un’onorificenza che si sono dati – commentò ironico Ulivieri –, una cosa simbolica». L’ultimo atto, non il più elegante, di un ciclo che si chiude. Il futuro si chiama Antognoni.

[La Stampa]