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Guardate all’estero: vi perdete un campionato bellissimo

E’ il campionato più bello degli ultimi dieci anni. Chi la pensa diversamente potrà subito contrappormi le sue motivazioni, sicuramente valide, ma io vi invito a riflettere su un dato: da quanto tempo non vedevamo una lotta al vertice circoscritta ad almeno quattro squadre? Da almeno due lustri, cioè dagli albori del Duemila, il periodo in cui c’era ancora denaro a palate e le due romane pullulavano di campioni al pari delle tre storiche big. Nel 2001 e nel 2002, la Serie A arrivò all’ultima giornata con ben tre compagini che avevano la possibilità di vincere il titolo. Prima toccò a Roma, Juventus e Lazio, poi l’Inter prese il posto di quest’ultima. Dopo solo duelli: Milan-Juve, Juve-Inter, Roma-Inter e, in alcune occasioni, addirittura Inter e basta. In estate, proprio mentre in molti storcevano la bocca per la partenza delle cosiddette stelle verso i tornei esteri, qualcuno provava senza successo a lanciare l’assioma Crisi=Ricchezza. E’una regola antica, di cui la storia dell’uomo è ricca di esempi, ma è talmente logica che non ce ne siamo accorti.

L’attuale classifica dice (così come avevamo pronosticato noi ad agosto) che la Juventus dovrà sudare fino ai minuti conclusivi del campionato per difendere il suo scudetto. Mantenere gli stessi eccezionali ritmi della passata stagione, con una competizione in più, nessun fuoriclasse d’attacco e una cattiveria agonistica minore, era ed è impensabile per i ragazzi di Conte. A differenza degli spettatori della Liga, nella quale esistono due squadroni (anche se uno, il Real, non sta funzionando a dovere), noi assistiamo ad una lotta in cui anche la più forte è “umana”. Quando il campione che vince da solo non c’è più, la conseguenza scientifica è che ognuno può dire la propria puntando sulle più disparate armi: la Lazio sulla solidità, il Napoli su una struttura consolidata, l’Inter su un mix di muscoli e talento in fase offensiva; andando più in basso troviamo Fiorentina, Roma e Milan che, pur con qualche amnesia difensiva di troppo, ci fanno divertire, perlomeno a sprazzi. Non è il solito film di cui si conosce già la trama, come accade in Spagna, ma un romanzo avventuroso e dal finale incerto. Io, sinceramente, preferisco vivere nel dubbio. Calcisticamente parlando, è ovvio. E’una situazione che nasce dalla mediocrità? Può darsi, ma è troppo facile considerare solo il lato negativo e diventare ancor di più schiavi di un’esterofilia ormai percepita come una moda.

L’Italia del pallone aveva bisogno del morto per correggere le numerose deficienze che le gravitano attorno: adesso i giovani che lo meritano giocano e città importanti rivedono il sole dopo anni di torpore. E’un percorso che, se affrontato con la giusta pazienza e sostenuto da una riforma sugli stadi, porterà solo risultati positivi. Si tratta di modificare alcune nostre cattive usanze (non dimentichiamo il triste gusto per la polemica) e di sperare nella burocrazia. I punti più critici sono questi: ce la faremo?

P.s. In Serie A le migliori difese hanno sempre ragione. Vedere Lazio e Roma per credere, anche se il problema dei giallorossi nell’ultimo turno è stato paradossalmente l’attacco. Magari con Osvaldo sarebbe andata in maniera diversa, ma il livello del gioco è rimasto sempre alto e Zeman, pur essendo ormai sicuri che Vincere (con la v maiuscola) sotto la sua guida è niente di più che una fantastica utopia, merita altre prove prima di una valutazione completa della sua terza avventura capitolina. Per la Champions League, la Roma è ancora molto competitiva. Post scriptum nel post scriptum: che fenomeno “Murielaldo!”.