Storie di provincia: lo Scudetto del Cagliari
Se questa storia fosse un film, sarebbe un kolossal in bianco e nero di altri tempi, dove i protagonisti hanno facce che non si usano più, caratteri robusti e poche parole da sfanfarare ai quattro network. E si assomiglierebbero tra loro, come si somigliavano la terra di Sardegna, dura madre di figli coriacei ma genuini, e Luigi Riva, per tutti Gigi, lombardo del varesotto, orfano costretto a crescere in fretta, di indole chiusa, forte e volitivo, sbarcato nella Terra dei Quattro Mori a metà degli anni ’60 e mai più ripartito.
Negli anni in cui le frontiere con l’estero erano chiuse e i giovani campioni italiani potevano fare la differenza in un torneo di 30 partite e 16 squadre, quando si rivelò la potenza devastante di Riva, le grandi del campionato, Juventus in testa, tentarono in tutti i modi di riportarlo in continente, senza persuaderlo mai. Giampiero Boniperti, massimo dirigente bianconero arrivò ad offrire otto giocatori, tra cui Gentile, Bettega, Cuccureddu, Mastropasqua e Musiello, più due miliardi di lire. Ma Riva fu irremovibile: “Sono una persona, non una bestia. Quindi non accetto di far parte di nessun mercato: e poi amo la Sardegna”. Per lui, i giornalisti sportivi coniarono epiteti come “Re Brenno” o “Rombo di Tuono” (Gianni Brera), ma per i sardi, divenne un parente, di nome “Giggirriva”.
Il Cagliari aveva raggiunto la prima promozione in serie A della sua storia solo a metà degli anni ’60, ma da quel momento, sotto la presidenza di Corrias e grazie alla competenza del dirigente Arrica, era iniziata una fase di crescita, di pari passo con la trasformazione industriale e turistica dell’isola, che aveva portato la squadra a giocarsi fino in fondo lo scudetto 1968-’69, vinto poi dalla Fiorentina. L’allenatore, fin dal ’66, era Manlio Scopigno, di scuola friulana, detto il “filosofo” per la compostezza caratteriale, associata alla capacità carismatica che il gruppo gli riconosceva. Scopigno, che aveva abolito i ritiri prepartita, riuscì a mettere in campo una squadra al servizio della vena realizzativa di Riva, senza perdere però l’impenetrabilità difensiva: 11 reti subite in 30 gare, record per il campionato a 16 squadre. In porta, uno dei migliori portieri della tradizione italiana: Ricky Albertosi, guascone e sregolato, l’anti Zoff, cui precludeva il posto in Nazionale. Accanto a lui, Martiradonna, terzino di lungo corso e solida tignosità, il veronese Zignoli, Comunardo Niccolai, stopper della Nazionale, ingenerosamente passato alla storia solo come primatista degli autogol, ed il libero Cera, giocatore ricostruito nel morale da Scopigno, il “Beckenbauer” del Cagliari e della Nazionale dell’epoca, uomo aggiunto a centrocampo.
Nel settore nevralgico, gli interni erano il brasiliano Nenè, reduce da un’esperienza fallita nella Juve, dove era stato chiamato a sostituire Charles e arretrato da Scopigno in mezzo al campo, in coppia con Greatti, guerriero “gattusiano”. Dai due partivano i lanci per innescare in velocità il “rombo” di Riva. Con loro, Mario Brugnera, mezzala che realizzò un piccolo record, avendo vinto due scudetti “storici”, prima con la Fiorentina e poi con il Cagliari. A fianco, altro giocatore della Nazionale, Angelo Domenghini, uno dei tornanti più inesauribili che abbiano solcato le fasce laterali, arrivato dall’Inter in cambio di Boninsegna (gran coppia con Riva nell’anno precedente ma si sa, “troppi galli a cantare non si fa mai giorno” e a Cagliari c’era già Riva a suonare la sveglia). Davanti, Riva, che nel corso di quel campionato segnò 21 gol in 28 partite giocate (oltre a numerose prestazioni fenomenali in Nazionale) e Gori, punta tecnica e veloce, ideale satellite della stella più splendente.
Completavano l’organico, Tomasini, Mancin e Poli.
L’avvio di stagione fu rallentato da un pareggio interno con la Sampdoria ma una serie di tre vittorie consecutive portò il Cagliari a giocarsi a viso aperto il primo scontro diretto a Firenze, con i campioni in carica. In una partita caratterizzata da furenti polemiche per un rigore generosamente concesso dall’arbitro Lo Bello di Siracusa al Cagliari e per una rete annullata a Chiarugi, Riva riuscì a decidere l’incontro.
Alla settima di campionato, grazie alla vittoria esterna con il Napoli al San Paolo, doppietta di Riva, il Cagliari conquistò la vetta della classifica. E non la lasciò più.
L’entusiasmo sull’isola divenne frenesia, secondo una leggenda persino il bandito Graziano Mesina, ricercato numero uno delle questure di tutta la penisola, di nascosto si recava allo stadio Amsicora (il Sant’Elia venne edificato qualche anno dopo) per assistere alle partite del Cagliari.
Ma alla dodicesima, sul campo del Palermo, arriva la prima sconfitta. La squadra, debilitata dalla “spaziale”, l’influenza di stagione, si piega ai rosanero e per le polemiche arbitrali Scopigno rimedia quattro mesi di squalifica.
Nonostante una leggera flessione, il Cagliari è campione d’inverno, con tre punti su Juventus, Inter e Fiorentina.
Alla diciassettesima giornata, il Cagliari passa al Menti contro l’ex squadra di Scopigno, il Vicenza. Di quella giornata, rimane storica una rovesciata di Gigi Riva che lascia esterrefatti gli spettatori: su cross dalla destra, acrobazia di sinistro e palla in porta. Qui il filmato.
Alla ventunesima arriva la seconda sconfitta, contro l’Inter: a decidere è un classico gol dell’ex, quello di Boninsegna.
Alla ventiquattresima, all’Amsicora è di scena la Juventus: è la partita delle partite. Arbitra ancora Lo Bello di Siracusa. A metà del primo tempo, la Juventus passa in vantaggio e il marcatore è … Niccolai, manco a dirlo con un autogol. Ci pensa come al solito Riva, poco prima della ripresa, a pareggiare con un pallonetto di testa sottomisura. Nella ripresa, si sfiora lo psicodramma: Lo Bello concede un rigore di manica larga alla Juventus. Albertosi sente il peso dei momenti che contano e lo para. Ma l’arbitro fa ripetere e il portiere rossoblu si scioglie in una crisi di pianto. Juventus in vantaggio. Ma a questo punto, Lo Bello torna protagonista e concede un altro rigore dubbio, stavolta al Cagliari. Riva mette in porta la palla del 2 -2 e in tasca un pezzo di scudetto.
Alla ventottesima giornata, la Juventus crolla e il Cagliari può vincere con due giornate di anticipo il campionato, se vince in casa con il Bari che cerca invece punti salvezza. E così fu: due a zero, primo gol di Riva, sigillo di Gori.
L’ultima di campionato va in scena in casa del Torino il 26 aprile 1970 (ci sono i mondiali messicani in vista e si chiude un po’ prima): 4 – 0 al Torino. I sardi del continente si sono dati appuntamento nel capoluogo piemontese per un festeggiamento epocale: lo scudetto va in Sardegna, il Cagliari è campione di Italia. E Gigi Riva è il protagonista acclamato della vittoria più bella: quella irripetibile e preziosa, ottenuta in una terra che non smetterà più di amarlo.
In questo video, le prodezze di Gigi Riva in quella stagione.