Home » Il vero Re del 2012

La vita di ognuno di noi ha un momento di svolta. Un punto preciso dal quale si modifica radicalmente. Non necessariamente un bivio, ma un deciso cambio di rotta. Una sorta di fine di un ciclo con il susseguente inizio di un altro, per rimanere in “tema Maya” visto il periodo.

Può essere la fine di una relazione, una nuova opportunità di lavoro, il trasferimento in un’altra città o in un altro Paese. La ricostruzione di una vita nuova, con un altro partner, con un altro lavoro, in un altro posto.

O in un altro corpo.

15 settembre 2001. Quattro giorni dopo i terribili fatti delle Torri Gemelle, che sono stati sicuramente i “punti di svolta” di decina di migliaia di persone, in Germania, sul circuito del Lausitzring, un uomo ha vissuto il suo, di cambio di rotta.

A bordo della sua Champ Car, a 13 giri dalla fine è finito in testacoda ritrovandosi fermo nel bel mezzo della pista. Un suo collega non è riuscito ad evitare il terribile impatto che gli ha cambiato la vita. Da quel giorno, infatti, Alex Zanardi non ha più le gambe.

La maggior parte di noi, in una situazione simile, si sarebbe abbattuta, sarebbe diventata vittima del proprio handicap, incapace di reagire ad un destino “così crudele”.

Lui no. Lui, un campione, lo è dentro, non grazie alle sue gambe. Quello che era, è e sarà lo deve a ciò che c’è nella sua testa. La determinazione di superare il limite, di andare oltre alla paura di non farcela, di trovare sempre un obiettivo nuovo da raggiungere.

E Alex Zanardi, obiettivo dopo obiettivo, ce l’ha fatta.

I suoi primi pensieri quando si è ritrovato nel letto d’ospedale senza più le gambe sono stati a come avrebbe fatto a tornare a camminare e a prendere sulle spalle suo figlio. Pochi mesi dopo ci è riuscito.

Un anno dopo il grave incidente è tornato su un auto da corsa e nel 2003 è salito a bordo della stessa vettura su cui aveva avuto l’incidente, nello stesso tracciato. Ha completato la gara interrotta due anni prima, quei 13 giri che per lui, in quel momento, rappresentavano un altro obiettivo da superare per poter trovare altri stimoli.

Qualche anno dopo Alex Zanardi è tornato addirittura alla vittoria in una gara automobilistica del Mondiale Turismo, con un’auto appositamente modificata per lui.
Nel 2007, poi, si è avvicinato al mondo della handbike e ha partecipato alla Maratona di New York, arrivando quinto.

In quella occasione ha capito di trovato un altro obiettivo da raggiungere: diventare il migliore in quello sport.

Da lì in poi il percorso di Zanardi è stato un successo continuo. Il campionato italiano su strada nel 2010, l’argento mondiale a cronometro nel 2011 e la vittoria della maratona di New York stabilendo anche il record della categoria handbike, così come nella maratona di Roma nel 2012, stravinta dal bolognese.

I Giochi paralimpici, però, sono sempre stati il sogno di Zanardi. Giochi con i quali, tra l’altro, ha sempre avuto un feeling particolare. Celebre è la sua frase durante la cerimonia d’apertura dei Giochi paralimpici invernali del 2006 a Torino, con cui commosse tutti gli atleti: “Mi chiamo Alex Zanardi e SONO un pilota automobilistico”.

Il 2012 è stato il suo turno, il momento tanto atteso. La sua Olimpiade.
E ha vinto, come ogni battaglia della sua vita. 2 ori (su strada e a cronometro) e 1 argento (staffetta), casualmente sul circuito di Brands Hatch a Londra, che l’aveva già visto protagonista a bordo di un BMW WTCC nel Mondiale Turismo dopo il suo incidente.

Il simbolo di questo anno sportivo non può che essere lui. Un uomo che non solo è andato oltre alle avversità, ma che ne ha fatto anche una forza a cui aggrapparsi.
Un uomo che continua a preferire il 1998 al 2012 perché è l’anno di nascita del figlio Niccolò o che come emozione più grande del periodo olimpico sceglie la telefonata fatta a casa dopo il secondo oro, nel giorno del 14° compleanno del suo primogenito.

Un uomo che ha baciato l’asfalto dopo la vittoria, rivivendo come un flash tutta la sua vita, i primi passi con il padre, i duelli con i kart, le corse prima e dopo l’incidente. Le sue ruote sull’asfalto, prima larghe mezzo metro e ora solo qualche millimetro.
Un uomo che ha saputo ricostruire una vita da zero non dimenticando quella che aveva prima e che ha raggiunto tutti gli obiettivi che si è posto, annichilendo gli avversari non solo su una pista da gara.

Un uomo meraviglioso, che vogliamo sia il simbolo di questo 2012 che ci lascia.
E che speriamo sia l’esempio per chi il 2013 l’abbraccia.