13.0.0.0.0
Era l’ultimo giorno sul pianeta Terra. Il Tifoso Medio faceva scongiuri: distratto, aveva giocato l’ultima bolletta senza pensare alle conseguenze. Cioè che magari aveva perso, a prescindere. Perso per abbandono del pianeta.
Il giorno fatidico era arrivato. Anzi, a pensarci bene: per metà del mondo quel giorno era già iniziato da alcune ore. Del Piero in difficoltà: se si procedesse per fusi, il suo Sydney FC sarebbe tra i primi a saltare. Del genere che i Maya la sapevano lunga anche sui fusi orari: per prime Asia e Oceania, in seguito Africa e Europa, infine le Americhe. Per godersela finché dura.
Che poi non è che ci capisse molto del Calendario Maya: era rimasto a quello Pirelli. Le uniche cose che vagamente lo avevano colpito erano il nome, “Calendario del lungo computo”, e il fatto che il 21 dicembre svoltasse una cifra tonda e interessante: da 12.19.19.17.19 si passava a 13.0.0.0.0. Tredici, come la schedina di un tempo; quella che faceva sognare una popolazione, prima che venisse sorpassata dai gratta-e-vinci e dal Superenalotto. E dalle scommesse: incluse quelle sulla fine del mondo. Quel tredici era come la constatazione che si chiudeva un ciclo (un b’ak’tun, per essere precisi).
Come cicli politici che si aprono, si chiudono, annunciano il ritorno, scendono sull’arena, vendono Pato ma non Marina: più che la fine del mondo, è la fine del Monti. Diciamocelo: almeno stavolta c’è il coraggio di finire prima di Natale: così ci risparmieremo l’annosa discussione sulla pausa invernale dei campionati (se si fa, i calciatori sono pelandroni; se non si fa, gli infortuni sono colpa dei campi ghiacciati), gli scorni invernali delle squadre di Zeman, l’annuncio del millesimo Pallone d’Oro a Leo Messi perché solo gli alieni possono fermarlo, e infine anche la descrizione del pasto di Capodanno a Palazzo Chigi (per chi se ne fosse felicemente dimenticato).
Quello che non ci siamo risparmiati è stata la corsa ai regali. Una corsa al risparmio, ma pur sempre una corsa. Soprattutto, per un Tifoso è difficile riciclare il merchandising della propria squadra a favore di chi non ne vuole sapere. E in effetti, a ben pensare, entrando nel quinto anno di crisi economica, la fine del mondo non sembra altro che un modo per uscirne, per farla finire. Tanto peggio, tanto meglio.
In attesa della fine del mondo, senza sapere se il giudizio universale sarebbe davvero avvenuto alle 18 come in un celebre film di De Sica (senior, giova ricordarlo), meglio consumarsi le ultime partite: in mattinata l’Australia, dopo pranzo si gioca in Qatar (nell’al-Sadd svernano Mamadou Niang e un certo Raúl), alle 17 si va con Espanyol B contro Valencia B, Pescara-Catania sta alle 18: faremo a tempo? Poi, se gli dice bene, il Tifoso potrebbe avere ancora il tempo per seguire Cagliari-Juventus o, in casi particolari, AZ Alkmaar-Twente; e si può chiudere con Atlético Madrid-Celta Vigo alle 22 (perfetto orario spagnolo). Poi anche per noi il 21 dicembre sarà finito: se il mondo sarà ancora lì, saremo arrivati ai tempi supplementari.
E a questo punto gli venne spontaneo chiedersi quando mai sarebbe venuto il momento esatto, quello in cui tutto si comincia a finire; e chissà perché gli venne in mente che Ligabue è interista:
Non so che ora sarà, ma di sicuro l’esclusiva l’ha comprata Sky, pensò, e con Caressa sarà uno spettacolo inascoltabile. Poi, finalmente, il nostro Tifoso provò a pensare a un mondo diverso: niente dispute su scudetti conquistati sul campo, niente sudditanze psicologiche, niente testate in finali di Mondiali, niente urlatori che commentano partite come se vendessero pentole, niente risse, niente doping finanziario, niente palazzinaraggio, niente sputi, niente insulti, niente bisogno di parlare di fair play; solo tanti applausi. Sarebbe stato davvero la fine del mondo.
Poscritto. Debbo l’idea di questo testo a Elia Modugno (cui devo anche le informazioni sulle scommesse), che qui ringrazio; e colgo l’occasione, inviandogli i miei auguri, di inviarli anche a tutti i lettori e i redattori di MondoPallone.