La Libreria di MP: “Parola di Brera”
Dal 19 dicembre, con Repubblica e L’Espresso, è in edicola “Parola di Brera”, una raccolta degli articoli pubblicati da Gianni Brera su “Repubblica” tra il 1982 e il 1992, anno della sua scomparsa.
Forse potrebbe essere interessante oggi, nell’era della comunicazione rapida su Twitter, rileggere qualche articolo di uno dei più grandi giornalisti sportivi italiani.
Con Brera il linguaggio della disciplina sportiva infatti si aprì a vere e proprie contaminazioni letterarie, passando dalla prosa tipicamente asciutta propria della cronaca ad un vocabolario ricercato, ricco di neologismi, figure retoriche e citazioni classiche.
Tra i termini che oggi fanno parte del linguaggio comune, ma che si devono alla fantasia di Brera (o “Giuânnbrerafucarlo” come pure si firmava ogni tanto), ricordiamo, con l’aiuto di Wikipedia:
– contropiede: tratto dalla seconda fase della danza del coro delle tragedie greche (anti-pous), descrive l’attacco di coloro che riportano il gioco in direzione inversa dopo aver sottratto palla all’avversario ancora tutto sbilanciato in avanti;
– uccellare: effettuare con successo una giocata ingannevole ai danni di un giocatore, di un portiere o dell’intera difesa avversaria;
– centrocampista;
– incornare: realizzare un goal di testa (applica al calciatore l’immagine del toro che si avventa a corna spianate contro la muleta, nella corrida);
– melina: dal bolognese gioco della melina (in dialetto al zug da mléina) che sta per “indugiare, cincischiare”, e cioè trattenere il più a lungo possibile la palla;
– goleador: ispanismo che richiama il “toreador” della corrida;
– rifinitura: tratto dal gergo sartoriale, dove designa il tocco conclusivo di confezione di un abito, è applicato all’intervento finale che corona l’azione calcistica;
– libero (difensore senza compiti prestabiliti di marcatura)
– Eupalla: dea, anch’essa di sua invenzione, protettrice del calcio e del bel gioco; tratta dal greco (eu: bene) e dall’italiano (palla in greco è la sfaira).
Suoi anche alcuni dei soprannomi che oggi designano per antonomasia chi li ha portati:
– il Cavaliere per Silvio Berlusconi
– Abatino per Gianni Rivera
– Rombo di Tuono per Gigi Riva
– Schopenhauer per Osvaldo Bagnoli
– Puliciclone per Paolo Pulici
– Bonimba per Roberto Boninsegna
– Stradivialli per Gianluca Vialli
Gianni Mura, autore della prefazione al libro, lo descrisse così: “Brera si spende in modo incredibile. Lavora molto, forse troppo, fuma troppo (un centinaio di sigarette al giorno, senza filtro, quando non sono toscani), beve e mangia molto (l’ho seguito sul suo terreno e dopo due giorni di colloqui dovrò mettermi a dieta), ingerisce molte pillole, impreca al mondo e a se stesso, dice che sarà l’ultima volta e il giorno dopo ricomincia. Conosce l’insulto pesante e la citazione dotta, in tribuna stampa si agita e grida, da quel plebeo che si vanta di essere; risponde con larghe scappellate alle parolacce dei riveriani, non sa trattenere il pianto quando evoca il ricordo di un amico…”
Ecco perché, rileggere Brera oggi, può costituire un baluardo salvifico di fronte all’avanzar scomposto e becero dei tanti urlatori storni che adombrano il raccontar cortese delle gesta pedatorie, care a Eupalla. E se quest’ultima frase vi è sembrata un po’ esagerata, consideratela un umile omaggio a Giuânnbrerafucarlo.