Stop, tiro, gol. Bello, bellissimo.
Il gol, nel calcio, è l’espressione massima della gioia. E’ quella cosa che ti fa urlare, buttare per terra, prendere il tuo compagno e abbracciarlo come e più di quanto faresti con una donna. E’ l’essenza, per molti, del gioco in sé.
I bomber. Sono loro quelli che fanno sognare i tifosi e non fanno chiudere occhio ai difensori avversari. Sono sempre loro che si prendono le copertine dei giornali e i primi piani nei servizi televisi.
Eppure, se esistono, i bomber lo devono a chi li ha messi in grado di diventarlo. A chi, di partita in partita, gli serve l’assist giusto, quello vincente: i cosiddetti trequartisti, ossia quei giocatori che usualmente occupano la porzione di campo chiamata “trequarti”, ma che molto poeticamente vogliamo pensare che si chiamino così per la derivazione dal termine “artisti”, gli artisti dell’ultimo passaggio.
Perché di arte si parla. Alcuni allenatori non possono farne a meno. Altri non lo schiererebbero nemmeno sotto tortura. Il trequartista è il giocatore, anche realizzatore, specialista nelle palle inattive, istintivo, dotato di grande creatività e di fantasia. Possiede un importante bagaglio tecnico, è ottimo nel dribbling e nell’ultimo passaggio.
L’ultimo passaggio.
La storia del calcio, se guardiamo solamente alle squadre italiane nell’ultimo decennio, ce ne ha regalati tanti, di tutti i tipi. Mi vengono in mente i passaggi rasoterra di Roberto Baggio, di Rui Costa o di Ibrahimovic, i colpi di tacco di Zalayeta, dello stesso Ibra o di Totti, i passaggi no-look di Ronaldinho o di Amauri, i tocchi morbidi di Zidane o di Cassano, i cross di Serginho, di El Shaarawy o di Insigne, le rovesciate dei Del Piero.
Il gol, nel calcio, è l’espressione massima della gioia. Vero.
Ma cos’è che ci fa alzare in piedi dal proprio divano o dal proprio seggiolino con quel misto di aspettativa, attesa e speranza di poter arrivare al piacere del gol da lì a poco, se non l’ultimo passaggio? L’esplosione di gioia del gol ne è solo una conseguenza, seppur intensa, che dura poco. L’attesa del piacere, con citazione leopardiana annessa, è essa stessa il piacere, quello vero.
D’altronde, se Leopardi fosse un calciatore sono sicuro sarebbe un trequartista. La sua penna si trasformerebbe in un pallone e la sua lirica sarebbe “Il sabato dell’ultimo passaggio”.