Fuga per la vittoria. La Juventus batte (annichilisce è il termine più adatto) l’Atalanta e si laurea “Campione d’inverno” della Serie A con due giornate d’anticipo, grazie anche alle sconfitte dell’Inter in casa della Lazio e del Napoli al San Paolo contro il Bologna. La classifica dal secondo posto in giù si accorcia, complici la vittoria in fondo al “treno” del Milan con il Pescara, quella della Fiorentina nel derby toscano con il Siena e la sconfitta della Roma nella nebbia di Verona contro il Chievo.
41 punti, 7 di vantaggio sulla seconda, 13 vittorie su 17 partite, 36 gol fatti (2° attacco del campionato) e solamente 10 subiti (miglior difesa). Infine, Campione d’Inverno con due gare d’anticipo. Dati che fanno girare la testa, quelli che ha messo insieme fin qui la Juventus di Conte. L’armata bianconera, nonostante le due sconfitte che l’anno scorso non c’erano state, sembra addirittura più forte di quella della stagione scorsa. Più convinta nei propri mezzi, probabilmente. L’aver ritrovato il condottiero Conte in panchina non ha fatto altro che acuire questa sensazione. La pratica Atalanta (che ricordiamo ha fatto penare Inter, Roma, Milan e Napoli) è chiusa a tripla mandata nel giro di 26 minuti. La Vecchia Signora è una schiaccia sassi, non ce n’è. Abbiamo più volte provato a nominare una potenziale anti-Juventus, ma ogni volta siamo stati smentiti dalla mancanza di continuità delle avversarie. L’anti-Juve è una sola: è la Juve stessa.
Sì, perché di quella che sembrava la più accreditata ad esserlo, l’Inter post vittoria allo Juventus Stadium, è rimasto ben poco. Non il gioco, non la cattiveria agonistica, non la qualità nelle finalizzazioni. I nerazzurri di Stramaccioni dopo aver battuto la Juventus hanno subito una crisi, passata dalle sconfitte di Bergamo e Parma, oltre che dal pareggio casalingo con il Cagliari, e arrivata a Roma, dove i solidi biancocelesti di Petkovic hanno inflitto la quinta sconfitta della stagione all’Inter. Una in meno di Roma, Milan e Catania, tra le altre. Quando i solisti non girano, non gira nemmeno l’Inter, che forse era meglio quando giocava da provinciale senza vergognarsene. La Lazio, guidata dal solito immortale Klose, non fa molto di più, ma si dimostra più solida dei rivali, ora ad un solo punto di distanza. I bianconcelesti con la vittoria raggiungono il terzo posto a pari merito con il Napoli, la lotta per l’Europa che conta è più viva che mai.
Il Napoli, infatti, in un colpo solo riesce in due imprese: subire 2 gol in 2 minuti e perdere ulteriore terreno dalla Juve finendo invischiato tra tutte le altre inseguitrici, ormai in un fazzoletto. Nella sconfitta contro il Bologna c’è tutto del Napoli. La non pericolosità delle trame di gioco offensive contro una squadra che si chiude diligentemente, la forza d’orgoglio di riuscire a ribaltare il risultato anche grazie alle giocate dei singoli come Insigne e Cavani e l’incapacità di saper gestire un vantaggio con il possesso palla. Pioli (davvero bravo) ci ha messo sicuramente del suo con le scelte, la disposizione e i cambi fatti, ma il Napoli ciclicamente inciampa nei suoi difetti congeniti. Non è l’anti-juve e non lo sarà, almeno per questo campionato.
Si riporta sotto anche la Fiorentina, che ritrovati i vari Jovetic e Pizarro ritrova anche il gioco spumeggiante che sembrava averla abbandonata nelle ultime settimane. Toni con una doppietta mette una pietra sopra il Siena e Cosmi, esonerato nella serata di domenica. Sempre più ultimo da solo in fondo alla classifica, il buon Serse non è riuscito nell’impresa di dare una speranza di salvezza ad una squadra che pareva sempre più rassegnata ad un ineluttabile destino. Montella, invece, di speranze alla viola ne dà parecchie. Constatato che è ancora prematuro parlare di obiettivi troppo grandi, le prime due posizioni sono sicuramente alla portata della squadra di Firenze, che è tornata ufficialmente nel gruppo delle “grandi”.
Chi dal gruppo, invece, entra ed esce è la Roma di Zeman. Incredibilmente bella contro la Fiorentina, torna ad essere un po’ bruttina contro il Chievo a Verona. Certo, c’è da dire che probabilmente avrebbe meritato la vittoria più dei padroni di casa, ma sta di fatto che la striscia positiva che tanto aveva fatto ben sperare i tifosi giallorossi si è interrotta. Senza contare che, per Zeman, c’è da risolvere anche il caso-De Rossi. Il “capitan futuro” passa altri 70 minuti in panchina prima di entrare in campo, con Bradley, Tachtsidis e Florenzi ancora titolari. Una bella grana per il boemo, da risolvere quanto prima per evitare che questo caso interno non si ripercuota anche in campo.
Accorcia definitivamente le distanze in coda al gruppo il Milan di Allegri, che vince, non senza soffrire un po’ troppo, contro il Pescara a San Siro. I rossoneri, guidati da De Sciglio (che bravo) e dallo splendido El Shaarawy di quest’anno (14 gol in campionato, sono finiti gli aggettivi per lui), nelle ultime 9 partite hanno tenuto un ritmo superiore anche a quello della capolista. Peccato per l’inizio stentato che costringe il Milan alla continua rincorsa di un piazzamento di prestigio. Allegri sembra aver trovato, alle soglie di Natale, la formazione tipo. La sfida contro la Roma di sabato sera ci dirà di più: è davvero guarito questo Milan?
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