E quell’estate, accolto da settantamila persone al San Paolo, dopo un’estenuante trattativa, immortalata nel coro “E’ megl ‘e Pelè”, era arrivato l’ultimo grande straniero mancante: Diego Armando Maradona. Ma quando El Pibe de Oro, il 16 settembre 1984 fece il suo esordio in campionato al Bentegodi di Verona, il proscenio divenne tutto per il colossale difensore tedesco Hans-Peter Briegel, un ex decatleta che annullò Maradona e anzi, al 26° del primo tempo andò anche in gol, aprendo la stagione dei miracoli del Verona di Osvaldo Bagnoli. Questa volta, a differenza di quanto accadde con Perugia e Lanerossi Vicenza , una provinciale arrivò fino in fondo, fino alla vittoria di uno storico scudetto, lasciando sconfitti e attoniti tutti i Napoleoni del campionato.
Il tecnico Bagnoli aveva messo in campo la squadra con “una specie di zona mista” (parole sue), molto attenta a ripiegare dalla fase offensiva a quella difensiva. La squadra di Bagnoli giocava con: Garella, Ferroni, Marangon, Tricella, Fontolan Briegel, Fanna, Volpati, Galderisi, Di Gennaro, Elkjaer. Completavano la rosa: Spuri, Sacchetti, Bruni, Donà, Marangon II, Turchetta.
Negli undici titolari, un portiere tanto sgraziato quanto efficace e celebre per le parate con i piedi, Claudio Garella (poi campione d’Italia anche con il Napoli), due marcatori arcigni come Ferroni e Fontolan, a sinistra un fluidificante di classe, Luciano Marangon (uno che poi passò all’Inter, rimanendo famoso più per la fama di dongiovanni che per il contributo tecnico), un libero capace di impostare come Tricella (di Cernusco sul Naviglio, come altri due liberi dell’epoca, Scirea e Galbiati) e due incontristi, Volpati (uno studente di medicina che oggi fa il dentista) e Briegel (all’occorrenza anche terzino), abili ad accorciare e tamponare. Il regista era Di Gennaro, rilanciato dopo aver sofferto a Firenze la concorrenza di Antognoni, mentre sulla fascia correva Pierino Fanna, tornante ripudiato dalla Juventus, di cui Bagnoli dirà “aveva settanta metri nelle gambe. A destra e a sinistra per lui era lo stesso”. Davanti “Nanu” Galderisi, un altro ex Juventino, piccoletto messo a far coppia col gigante danese Preben Larsen Elkjaer, il vero mattatore della stagione. Su Elkjaer, così si espresse il giornalista sportivo Gianni Brera: “Elkjaer Larsen: danesone estroverso, matt come on cavall (dice Bagnoli): falcata distesa da duecentista: tiro forte, specie con il destro. Lungo periodo di assenza per malanni contratti in nazionale. Diventerà anche acrobata, se si applica” . Eccezionale il suo gol del raddoppio nel 2 – 0 rifilato alla Juventus: una galoppata irrefrenabile sulla fascia, conclusa in rete pur senza una scarpa, smarrita resistendo al vano tentativo di intervento dello Juventino Sergio Brio ( Qui, il video RAI ). A fine stagione, Elkjaer arrivò secondo nella classifica del Pallone d’Oro, dietro Michel Platini.
In testa fin dall’inizio del torneo, dopo poche giornate il Verona era già uscito indenne dal trittico Inter – Juventus – Roma. La prima sconfitta arrivò solo alla quindicesima giornata, ad Avellino e a pochi minuti dalla fine. Nonostante ciò, i veneti furono campioni d’inverno e riuscirono anche resistere al ritorno dell’Inter. Pian piano, si stava avverando un sogno. Tra le vittorie memorabili di quell’anno, QUI il video del rocambolesco successo 3-5 con l’Udinese di Zico (3′ Briegel, 10′ Galderisi, 20′ Elkjaer, 45’Edinho (UD), 53′ Carnevale (UD), 59′ Mauro (UD),61′ Elkjaer, 63′ Briegel).
Con un pareggio a Bergamo, il 12 maggio 1985 il Verona vinse il suo primo scudetto. QUI, il filmato della vittoria. Da allora, nessuna provinciale in senso stretto (se consideriamo la Sampdoria come squadra di un capoluogo regionale) ha più ripetuto quel miracolo.
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