Il giusto coronamento di un cammino iniziato nelle favelas di Rio de Janeiro e proseguito, poi, in altrettanti Paesi “difficili”, nei quali i bambini vestono la maglia nerazzurra, giocando in campetti sterrati, circondati da violenza e distruzione. Il calcio è, e DEVE essere anche questo: “Non ci interessa creare giocatori, anche se tutti i bambini del mondo sognano di diventare come i loro idoli. Quello che vogliamo è formare i ragazzi, farli diventare uomini, dare loro una speranza, una possibilità di riscatto“.
Alla cerimonia erano presenti alcune vecchie glorie dell’Inter, e testimonial di questa iniziativa: Youri Djorkaeff, Luis Figo, Francesco Toldo, il quale ammette: “ho giocato per vent’anni, ma l’emozione che danno questi 10mila bambini è più grande che vincere la Coppa dei Campioni“.
E adesso un po’ di numeri per rendere l’idea: diecimila bambini poveri (dai 6 ai 13 anni) sono tornati a sorridere grazie a questi interventi, e grazie anche allo sponsor tecnico della Nike, che fornisce le attrezzature necessarie per poter praticare questo sport. Ma ciò che fa più riflettere, è quanto rivela Moratti sui costi dell’iniziativa: “sono bassi, rispetto alle spese di una club di calcio come il nostro sono veramente pochi, più o meno quanto quelli che servono per una riserva nella squadra“. Abbiamo capito bene: con i soldi che si spendono per mantenere una riserva di una squadra, si salvano 10.000 bambini da un NON-FUTURO. Facciamoci delle domande, ogni tanto.
In attesa di risposte, complimenti all’Inter. Uno scudetto che vale più di mille altri.