La qualità scarseggia: vietato imborghesirsi
Vincere aiuta a vincere? Vero, verissimo. Altrettanto esatto, però, è dire che una volta arrivati ad un traguardo, fame e cattiveria agonistica diminuiscono. E’un riflesso umano, logico. Quando una squadra diventa importante, non asfalta più gli avversari sul piano della corsa e dell’intensità di gioco ma, piuttosto, su quello della qualità, della concretezza, della bravura di leggere le varie fasi di una partita e sfruttarle a proprio vantaggio.
Per vincere gestendo la fatica e alternando gli uomini della rosa, tuttavia, serve un livello di qualità alto, altissimo, quasi assoluto. L’esempio possiamo derivarlo dal nostro campionato: la Juventus di Antonio Conte, almeno tra le mura amiche, ha smarrito gran parte della ferocia che la contraddistingueva nella passata stagione in virtù di una forza di fondo. Ma essere una formazione condannata a finire davanti alle altre, non basta per far sì che ciò accada veramente. Oggi come oggi, in Italia, nessun club è al livello di Real Madrid, Barcellona, Manchester United e Bayern Monaco; nessun club, in sostanza, può centrare il massimo risultato con il minimo sforzo. Infatti Buffon e compagni, sono usciti a mani vuote dalle gare in cui hanno dimostrato un certo “appagamento”.
Con l’atteggiamento opposto, imperniato di umiltà e abnegazione tattica, il Milan di Allegri ha sconfitto la capolista firmando la pace con San Siro. Ci sarebbe mai riuscita giocando da squadra importante? Non abbiamo la controprova, però sappiamo che senza compiere nulla di trascendentale i rossoneri hanno conquistato un ottimo risultato. Si può accettare o meno, ma la realtà attuale è una sola: per ben figurare nel calcio italiano occorre una buon piazzamento sul campo, una disponibilità collettiva al sacrificio e due o tre uomini che nel complesso si elevano dalla massa. Ultime tre batoste a parte, l’Inter di Stramaccioni come ha costruito il periodo d’oro culminato nell’impresa di Torino? Due blocchi di formazione, uno dedito alla difesa e l’altro alla creazione e alla finalizzazione, pressing alto e gioco di rimessa. Quando tali componenti sono scemate, e quando il tecnico romano ha mal pensato di unire a Guarin a tre punte, la poderosa corsa ha subito un brusco rallentamento.
A quali conclusioni porta la lunga riflessione? Le elenco in breve: 1) Il Milan deve proseguire sulla falsariga tracciata domenica sera e l’Inter lo deve imitare cancellando i 270 minuti più recenti; 2) La Juventus necessita del ritorno in panchina del suo allenatore, attraverso il quale, ci scommetto, sarà più semplice tirare fuori gli occhi della tigre. 3) Gli stessi bianconeri non potranno comunque svestirsi dei panni della favorita e, considerando anche la Champions, a livello di energie fisiche e mentali qualcosa dovranno pur concederla in campionato. Come si sopperisce a tutto ciò? Con l’acquisto di un fuoriclasse invece che di tre ottimi calciatori; 4) In Champions League, competizione particolare, il discorso è diverso: lì la Juve ritorna se stessa e lì può sognare (escludendo ovviamente che il tricolore sia un sogno e non un obiettivo concretissimo); 5) Nel calcio italiano la qualità scarseggia: vietato imborghesirsi.