Jacopo, dalla serie A alla Seconda categoria. Con quali stimoli hai fatto questa scelta?
Innanzitutto volevo continuare a divertirmi facendo ciò che mi riesce meglio, cioè giocare a calcio. Inoltre conosco bene l’ambiente di Ponsacco e lo ritenevo perfetto per chiudere bene una lunga carriera.
Nel tuo futuro cosa c’è? Ti piacerebbe restare nel mondo calcistico?
Sicuramente è una cosa che mi farebbe felice, perché è sempre difficile staccarti da un mondo che è stato tuo per 20 anni. Penso spesso alla possibilità di allenare, magari partendo dai bambini, ma ancora è presto per prendere una decisione definitiva.
Il calcio dilettantistico non sta acquisendo troppo la mania del risultato che è tipica delle massime categorie?
In linea di massima sì, anche se poi bisogna analizzare le singole realtà. Ciò che manca, a mio avviso, è una cultura sportiva che ci permetta di concepire prima il calcio come un puro divertimento e poi magari di farne una professione.
Da pisano quanta gioia c’è per il primato in Lega Pro della squadra guidata da Pane?
Una gioia enorme. Ieri ero in curva all’Arena Garibaldi: c’è grande orgoglio in tutto il territorio per i risultati della squadra. Conosco bene Vito Grieco, mio ex compagno al Modena e adesso allenatore in seconda nel Pisa, ed ho sfidato in tutte le categorie Buscè e Mingazzini. Seguo da vicino il loro campionato.
Si può dire che nel corso della tua carriera De Biasi sia stato l’allenatore con cui ti sei trovato meglio?
Sì, senza ombra di dubbio. Il mister mi ha insegnato tanto, sotto tutti i profili, e dopo la splendida cavalcata di Modena decisi di seguirlo a Torino proprio per il rapporto che ci univa. Devo comunque ammettere che mi sono trovato bene anche con altri allenatori, come Somma, Malesani e Mazzarri.
Da terzino, come valuti la crisi che sta attanagliando il nostro calcio in questo ruolo?
E’sempre stato un ruolo particolare quello del terzino: fino a qualche anno fa, quando ancora giocavo nei professionisti, i destri venivano spesso adattati sulla corsia opposta. Io ne sono una dimostrazione palese. Adesso abbiamo tanti giovani che però, per la ricerca esasperata del risultato, non hanno il tempo di crescere sbagliando. Anche la situazione economica che vive il paese gioca la sua parte, perché i club vanno alla ricerca del prodotto a minor prezzo.
Qual è la soluzione?
Vedo una sola strada praticabile: insistere sui nostri giovani, concedergli molta fiducia e non accantonarli dopo il primo errore. Sono convinto che qualche risultato arriverebbe.