E se la colpa fosse anche dei giocatori?

Sarà una moda da seguire, un modus operandi adatto a chi vuole scaricare le proprie responsabilità, sarà semplicemente un’occasione per parlare, ma se nel calcio esiste una certezza, è esattamente questa: quando non si vince, o quando si perde, la colpa è dell’arbitro o dell’allenatore. Non c’è dubbio. Si parla di episodi e non dell’andamento generale di una squadra, sia chiaro. Di esempi ne abbiamo in abbondanza, e il messaggio che si vuole dare non è sicuramente quello di voler intavolare una polemica su questa, o quella squadra favorita dagli arbitri.

Usciamo un attimo dalle righe, visto che di arbitri se ne è parlato, se ne parla, e se ne parlerà sempre, fino alla nausea. Si parla troppo anche di allenatori, di schemi, di numeri, 4-3-3, 4-3-1-2, 5-3-2, albero di natale e palline colorate. Ne parliamo tutti perché, in fondo, siamo sempre un popolo con circa 60 milioni di allenatori (vedere mondiali ed europei per credere). Una fama che ci portiamo dietro noi osservatori di calcio, ma anche chi è direttamente coinvolto: i presidenti.

Quasi ci divertiamo, sia noi che loro, a discutere per ore su chi possa essere il colpevole di una partita andata storta. Il bello è che alla fine il colpevole esce sempre: “Se l’arbitro avesse fischiato rigore…”, “Era fuorigioco”, “L’allenatore doveva mettere tre punte, e tizio al posto di caio”. Ok, tutto giusto, fa parte del gioco. Ma a qualcuno è mai venuto in mente di prendersela anche direttamente con chi va in campo? Ma no, figuriamoci. Se la mia squadra non ha vinto è perché c’era quel rigore, non perché tizio ha sbagliato un gol da 50 centimetri, a porta vuota. La squadra ha perso perché l’allenatore è un incompetente, non perché in serie A c’è ancora chi perde palla per passaggi orizzontali a centrocampo, mandando gli avversari comodamente in porta (è la prima cosa che insegna ogni allenatore quando, a 10/12 anni, inizi ad assaporare le fondamenta della tattica). Poi, come per magia, la domenica dopo ti ritrovi il tecnico esonerato e i “geni della lampada” tranquillamente titolari. Magari, se il giocatore è protagonista di un periodo negativo, parte la contestazione, che è un altro discorso. Ma non si dà mai la colpa a lui se, nella stessa partita, commettono errori gravi sia lui che l’arbitro.

Il motivo di tutto questo, onestamente, mi sfugge. E’ per tutelare i giocatori? E da cosa? Da critiche che potrebbero scuotere i loro animi sensibili? Beh, hanno i loro mezzi per tirarsi su, questo è poco ma sicuro. Inoltre, aggiungo, così come vengono elogiati quando fanno gol, dovrebbero essere incolpati anche quando non lo fanno, se proprio vogliamo essere coerenti. E, continuando con la coerenza, dovremmo elogiare anche gli arbitri quando vedono bene una situazione difficilissima, non solo mettere in piedi una marea di critiche quando commettono errori, seppur grossolani. Se introdurranno (come spero) la moviola in campo, o il sensore nel pallone, di cosa si parlerà?  Del chip difettoso e del computer “venduto”? E’ paradossale, ma saremmo capaci anche di questo.

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Cosmo Amendola