«No».
Siamo a metà novembre, perché tarda la firma?
«Solo questione di priorità, di esigenze della squadra, del club, anche mie. Prima vediamo di chiudere bene questo ciclo di partite importanti, poi penseremo alle firme».
Può garantire che non ci saranno sorprese?
«Assolutamente sì. Zero sorprese, resterò qui altri tre anni».
Periodo in cui inseguirà l’unico trofeo che manca alla sua straordinaria bacheca, la Champions League.
«Periodo in cui sento di poter ancora fare la differenza. Non vado avanti tanto per portare la barchetta in porto. Io sono sempre stato un motoscafo e andrò a manetta finché posso. Sì, la Champions è un qualcosa che vorrei mia prima di chiudere. È innegabile, mi dispiacerebbe finire di giocare senza vincere una coppa che ho solo sfiorato (finale persa ai rigori contro il Milan nel 2003, ndr)».
E la Champions quest’anno passa dal Chelsea. Che, al contrario della Juventus, in campionato ha fatto un ampio turnover…
«Ma ha pure perso. E alla fine puoi anche risparmiare energie, ma una sconfitta fa male, non è il modo migliore per preparare una gara importante. Le sconfitte non sono mai salutari. Quasi mai a dire il vero, perché lo stop con l’Inter a noi è servito…».
Dunque, il mancato turnover con la Lazio non peserà domani sera?
«Francamente, a questo punto della stagione mi sembra che non sia così decisivo. Siamo all’inizio, ci sarà tempo e modo per gestire le forze. Ora bisogna andare a caccia di convinzione e certezze, cose che si trovano attraverso i risultati».
La Juve è all’altezza del Chelsea?
«Sì, siamo sullo stesso livello dei campioni d’Europa. Ce la giochiamo ad armi pari, poi può uscire qualsiasi risultato, ma oggi la Juventus si è guadagnata il rispetto di qualsiasi avversario».
Si dice che gli inglesi abbiano in generale maggiore esperienza internazionale. Un fattore che pesa?
«Io non credo che il gap, anche a livello di esperienza, sia così pronunciato. Le gare fatte in Nazionale contano… Ripeto, massimo rispetto per i campioni d’Europa, squadra che da dieci anni è sempre lì, fra le grandissime, però credo che la Juve abbia le carte in regola per vincere. Il 2-2 dell’andata ha detto questo. A Londra, ero tranquillo anche quando eravamo sotto 2-0. Non abbiamo mai rinunciato a fare la partita e ci eravamo trovati in svantaggio per colpa di un gran gol e di un pizzico di sfortuna».
Chi teme fra gli uomini di Di Matteo?
«Il Chelsea può farti male in tanti modi: a parte gli attaccanti, ha difensori bravi sulle palle ferme, e centrocampisti di tecnica purissima, come Oscar per esempio».
Se andate fuori dall’Europa che conta si tratterebbe di un fallimento a tutti gli effetti?
«Non vanno necessariamente usati termini così forti. Dipende anche dal modo in cui si passa il turno o si viene eliminati. Chi capisce un minimo di calcio sa che il nostro è il raggruppamento di gran lunga più difficile. Era evidente già al momento del sorteggio. Ci sono tre squadre in grado di giocarsi i due posti per gli ottavi di finale, e credo che tutto si deciderà solo all’ultima giornata. Oggi in molti celebrano il Borussia Dortmund, eppure l’anno scorso i tedeschi uscirono nella fase a gironi…».
Il Borussia Dortmund non sembra davvero una citazione a caso.
«È la squadra che più rispecchia le nostre caratteristiche, che più mi ricorda questa Juventus. Ottengono i risultati attraverso gioco, organizzazione e qualità del lavoro. Hanno dimostrato che anche la nostra strada può essere vincente».
Ma davvero si può vincere senza i top player?
«Io mi fido del lavoro che facciamo quotidianamente sul campo e della bravura dei nostri attaccanti, che hanno caratteristiche tali da garantirci in ogni situazione. In più, c’è una società che lavora benissimo a livello di mercato. Non è stato acquistato il Van Persie della situazione? Già, ma intanto sono rimasti Quagliarella, Vucinic e Matri, e poi sono arrivati Giovinco e Bendtner, tutta gente che può risolvere la gara in qualsiasi momento. Mica siamo rimasti a mani vuote».
In tutto questo, qual è il valore aggiunto di Conte?
«Il mister è stato un grande innovatore, non ci sono dubbi. Oggi le nostre certezze le troviamo tutte nel gioco».
L’allarme per il mezzo passo falso con la Lazio è durato il tempo di una notte. Inter e Napolinon ne hannoinfatti approfittato…
«Lo 0-0 di sabato ha allarmato voi. Io credo che l’altra sera si sia vista una grande Juve. Solo una serie di episodi sfortunati e la bravura del portiere avversario ci hanno impedito di vincere»
Pericolo numero uno: Inter o Napoli?
«L’Inter è una squadra in ascesa, la rispettiamo molto. Ma occhio al Napoli. Soprattutto se l’ambiente, sempre un po’ particolare, non condizionerà troppo il lavoro della squadra. Certo, qualche treno importante gli azzurri l’hanno in effetti perso. Meglio tenere poi sotto osservazione pure la Fiorentina, tanto per essere prudenti…».
Balotelli va spesso in tribuna a Manchester. Cosa gli consiglia?
«Di scegliere in base a cosa lo fa felice».
E lei sarebbe felice di averlo a Torino?
«Certo, sarei felicissimo. La sua bravura farebbe felice qualsiasi compagno. L’importante, ripeto, è che lui sia eventualmente convinto della scelta bianconera. Qui l’ambiente è storicamente non facilissimo, ha regole ben definite. Anche se Mario, come compagno di Nazionale, è sempre stato affabile e apprezzato».
Altro baby fenomeno: El Shaarawy. Segnali di ripresa del nostro calcio?
«Aspettiamo. Per il momento El Shaarawy è una eccezione. A livello di movimento generale siamo ancora parecchio dietro rispetto alle nazioni guida».
E a livello di erede di Buffon?
«Qui il reparto può contare su un movimento generale molto buono. Al di là delle certezze, che sono rappresentate da chi già fa parte o ha fatto parte del giro della Nazionale, ci sono giovani parecchio interessanti, con importanti margini di crescita: penso a Bardi, Leali, Perin e Fiorillo».
[Gazzetta dello Sport]