Veicolo di emozioni partecipate, di esaltazioni e delusioni condivise collettivamente in modulazione di frequenza, la radiocronaca viene raccontata dal suo esordio italiano nel 1928 fino ai tempi nostri, ma non come un saggio accademico, bensì incastonando una trama che racconta nitidamente, attraverso l’espediente di un’ideale serata di premiazione, le suggestioni di campioni ma anche di gregari e figure minori.
Scaramuzzino apre il cassetto degli appunti privati, delle note prese in postazione, delle immagini carpite sul campo e rivela la sensibilità del radiocronista, rivivendo le sensazioni del campione affermato e di quello sconfitto, del telecronista di grido, del poliziotto e del tifoso, della tennista outsider e di altri personaggi individuati al confine tra la fantasia e la riconoscibilità.
Ed ecco che emergono tutti quegli aspetti psicologici che nel momento della verità rivelano forza o fragilità e fanno la differenza in una carriera e in una vita intera, visti da vicino, come la paura di vincere, davanti ad un rigore o ad una fuga in volata o ad una stoccata decisiva.
Scaramuzzino coinvolge nel gioco di memorie e citazioni le canzoni di Rino Gaetano, in una corrispondenza felice che sottolinea il carattere leggero ma passionale ed intenso di queste voci che sembrano disperdersi nell’etere (come gli aforismi perduti nel nulla, avrebbe detto Rino) e invece ci raggiungono lì ed ora, là dove siamo, per coinvolgerci nel mentre delle nostre vite che scorrono.
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