Home » Un mare di derby: Sampdoria-Genoa

Girovagando per le strade di Genova, lo senti nell’aria, lo percepisci ovunque quest’odore intenso di sfida e rivalità nobile e storica, da grande città, almeno nel calcio. Quando ti presentano una persona, dopo il nome, tra uomini e, talvolta, anche tra donne la domanda è una sola: “Samp o Genoa?”.

E la risposta per quanto giusta non è mai esatta, perché sono soltanto due lati della stessa medaglia. A Genova il derby è ovunque, in ogni tifoso, in ogni ragazzino che fieramente decide di uscire di casa con la maglia del proprio idolo, che sia Montella o Ruotolo, Flachi o Milito, Cassano o Borriello. Si tratta della supremazia cittadina, si tratta pur sempre di capire quale bandiera, almeno sino al prossimo derby, sventoli in cima alla Lanterna, il simbolo di una città che vive di mare e di calcio.

Ad essere infuocata, a Genova, non è soltanto la settimana prima e quella dopo il derby: perchè il derby è più che mai acceso in qualsiasi periodo dell’anno, anzi dura tutto l’anno. E’ al mare, dove ragazzi (e non solo) sfoggiano orgogliosi il loro costume blucerchiato o rossoblù; è in moto con caschi serigrafati d’autore con i colori del cuore; è nelle strade, dove lunghe scalinate sono dipinte con i colori delle due squadre; è alla fermata dell’autobus, dove si assiste a un tripudio di sciarpe, guanti e felpe, in base alla fede scelta. Esatto, una fede: scegliere tra Sampdoria o Genoa è una religione, anche per chi non segue in maniera convinta il calcio.

Nove scudetti da una parte, uno dall’altra: il Genoa l’ultimo lo ha vinto nel 1924, quando la Sampdoria doveva ancora essere fondata. E’ lecito dire che sono in pochi, anzi pochissimi, a ricordarsi un capitano rossoblù alzare al cielo una coppa. I blucerchiati, invece, hanno stampato nella mente gli anni della dinastia Vialli-Mancini. Uno scudetto conquistato ribaltando i pronostici della vigilia, e una finale della Coppa delle Coppe contro il Barcellona che, ancora oggi, è al contempo motivo di orgoglio e di rimpianto per tutti i sampdoriani. E con queste premesse, nel capoluogo ligure, le prese in giro sono all’ordine del giorno, soprattutto dopo la stracittadina.

Questa splendida città, però, spesso non è stata accontentata dai due presidenti con squadre all’altezza della tifoseria. Stiamo pur sempre parlando di due compagini che negli ultimi 3-4 anni possono vantare partecipazioni a coppe europee, ma se pensate che questo sia abbastanza per Genoa e Sampdoria, fatevi un giro nelle due gradinate durante un qualsiasi incontro di campionato, resterete sorpresi.

In un mondo così competitivo, in cui se non si vincono due partite di fila arrivano piogge di fischi dagli spalti, la Genova calcistica è un’isola felice: ricordo un Genoa-Inter terminato per 0-5, con i tifosi rossoblù in piedi a cantare per la propria squadra, esibendo con orgoglio la sciarpa al vento. Ricordo anche capitan Palombo in lacrime per la retrocessione in Serie B dei blucerchiati, consolato dal proprio pubblico, comunque fiero di tifare per quei colori. Non credete davvero che il calcio, a Genova, sia una fede? Eccovi la dimostrazione: trentamila persone a guardare una partita di Serie B o C non sono uno spettacolo che si vede spesso in tutto il resto d’Italia. A Marassi, invece, in passato è stata ordinaria amministrazione con la Samp, ma soprattuto con il Genoa.

Dicevo dell’incapacità dei due presidenti, di accontentare le rispettive tifoserie: i progetti di Garrone e Preziosi hanno vissuto alti e bassi. Dopo anni di grande competitività, coppe europee e piazzamenti nella parte alta della classifica, sono arrivate una retrocessione per i blucerchiati e una salvezza all’ultima giornata per i rossoblù. Le colpe? Un mix di poca lungimiranza della presidenza e scarsa capacità della dirigenza: la partenza di Cassano e Pazzini è stato il colpo di grazia per la Samp, mentre dall’altra sponda Preziosi riesce nell’impresa di rinnovare completamente la squadra ad ogni sessione di mercato, senza grandi risultati sportivi ma solo di bilancio. Confusione, in ambedue i casi, è la parola chiave per descrivere tutte le difficoltà.

Domenica, però, sarà tutto diverso. I genovesi si fermano per 90 minuti di emozioni, strade deserte e televisori sintonizzati sulla partita: è Sampdoria-Genoa, il derby della Lanterna. I precedenti sono illustri, dal derby della tripletta di Milito a quello dell’aprile 2010, con la rete di Cassano che spianò la strada alla Champions League. Sarà il derby di Eder o quello di Borriello? Una cosa è certa: chi riuscirà a prevalere guadagnerà molto più dei tre punti messi in palio e farà dimenticare alla propria tifoseria le delusioni di questo imbarazzante inizio di stagione.