Mister, giunti a metà novembre quale bilancio può fare del vostro campionato?
I bilanci si fanno alla fine, ma sinora sono molto contento di ciò che abbiamo fatto. Non è facile allestire una squadra negli ultimi giorni di mercato e poi giocarsela su tutti i campi. Anzi, se proprio volete sapere la verità vi dico che meriteremmo qualche punto in più in classifica.
Punti che forse avete gettato per le difficoltà che trovate nel concretizzare la grossa mole di gioco prodotta?
Veramente mi riferivo ad alcuni episodi che ci hanno condannato. Un paio di sviste arbitrali, purtroppo, ci sono costate più del previsto. Agli attaccanti non rimprovero nulla, perché svolgono un gr0sso lavoro per la squadra.
Domenica c’è la Carrarese, ultima in classifica e affamata di punti…
Sarà una partita durissima. L’attuale classifica non rispecchia i valori di una squadra che può annoverare tra le proprie fila gente come Corrent, Pestrin e compagnia bella. In più, come ha detto lei, giocheranno con il coltello tra i denti, perciò consiglierò ai miei ragazzi di prestare la massima attenzione.
Finora abbiamo visto un’Andria eclettica dal punto di vista tattico: continuerete così oppure dobbiamo aspettarci un sistema di gioco fisso?
Sono diversi anni che galoppo in queste categorie: ormai ho imparato a non parlare di sistemi di gioco. Ciò che conta sono i concetti, l’impegno dei ragazzi e la massima disponibilità a compiere le due fasi. Ai numeri si dà troppa importanza.
Prima parlavamo delle vostre difficoltà a concretizzare. Il problema investe un po’ tutte le compagini: i calciatori più bravi fanno troppo presto il salto di categoria?
Sì, rispetto al passato le tappe vengono bruciate un pochino più facilmente. Per i giovani attaccanti è difficile trovare subito confidenza con la porta e per quelli esperti, invece, ogni anno le difficoltà aumentano.
Il vostro valore aggiunto è il pubblico?
Guardi, noi abbiamo una Curva Nord come se ne possono vedere ben poche in Italia. Quando giochiamo in casa è uno spettacolo perché la gente ci sostiene incondizionatamente, nonostante le mille difficoltà incontrate in estate. Anche fuori casa, comunque, non siamo mai da soli.
La vera differenza tra girone A e girone B è proprio la passionalità delle piazze?
L’anno scorso eravamo nel girone misto. Non me ne voglia nessuno ma adesso è tutta un’altra storia, dal punto di vista tecnico e soprattutto dal punto di vista agonistico. Non basta saper giocare a calcio, per far bene ci vogliono anche altri fattori come il sostegno della piazza e la passionalità della gente che viene allo stadio. I gironi del Sud sono proprio per questo di un livello maggiore.
Grande bagarre in testa alla classifica: a suo avviso c’è una compagine che presto spiccherà il volo?
Sono tutte squadre forti, ma quella che mi ha sorpreso di più è il Pisa. Non sono partiti per vincere il campionato, però io credo ne abbiano tutte le possibilità vista la completezza del loro organico e l’affiatamento che c’è tra i calciatori. Comunque l’equilibrio è fortissimo: Avellino, Benevento e Nocerina, che sono un po’ più in basso, possiedono rose di primissimo livello. La squadra di Autieri, in particolar modo, da centrocampo in su è da serie B.
Quali sono i maggiori problemi della Lega Pro?
Su tutti l’obbligo del minutaggio per gli under, che soprattutto in Seconda Divisione facilita non poco le compagini più forti. C’è chi partecipa al campionato solo per rimpinguare le casse, mentre chi può permettersi di tenere fuori i giovani vince a mani basse il torneo. Per il futuro, inoltre, mi piacerebbe vedere le seconde linee dei grandi club impegnate in queste categorie. Per i ragazzi provenienti dalla Primavera, sarebbe una grandissima occasione di crescita.
Quattro anni fa stupì tutti e volò in Ungheria, al Sopron. Lo rifarebbe?
Perché no? In Ungheria ho conosciuto un modo diverso di intendere il calcio, sotto tutti i profili. Tatticamente c’era meno preparazione, però si viveva la vigilia della partita con molta più spensieratezza. Mi stupì tanto vedere i calciatori alimentarsi senza i vari limiti che esistono qui da noi. In pratica mangiavano come se dopo non dovessero scendere in campo (ride n.d.r). Per un uomo e per un allenatore, queste esperienze sono solo un arricchimento individuale.