Matteo, hai iniziato nel Montichiari, poi giovanili del Siena, Valle del Giovenco, Colligiana, Como e Messina passando dalla Serie A alla D. Sedici gol con la maglia del Siena nel campionato Primavera. Poi però poche presenze e sole due reti. Cosa non ha funzionato?
Dopo Siena sono andato alla Valle del Giovenco che all’epoca era una squadra satellite proprio del Siena dato che avevano lo stesso presidente (Lombardi Stronati). Da lì un inizio di stagione difficile, c’era una squadra molto esperta e ambiziosa con giocatori importanti per quella categoria. Ma tutto sommato era la mia prima stagione tra i professionisti e fino a gennaio ho giocato a fasi alterne. Mi sentivo comunque considerato dall’allenatore e ciò mi faceva stare bene. Poi, a gennaio, il primo infortunio grave della mia vita calcistica: ernia al disco e operazione inevitabile.
Dalla Valle del Giovenco alla Colligiana…
L’anno successivo a Colle di Val d’Elsa fu particolare. All’inizio le cose andavano bene, giocavo con continuità. Dopo un paio di mesi però le cose iniziarono a cambiare. Tra stipendi che non arrivavano e giocatori che avevano un “aiuto” dai genitori per giocare, decisi a gennaio di cambiare aria. Tra l’altro, ancora devo riscuotere quattro mensilità.
Poi Como e Messina…
A Como ho passato sei mesi intensi in cui abbiamo raggiunto una storica salvezza contro i rivali del Lecco. È stata un’esperienza che rimarrà sempre nel mio cuore. La stagione seguente la società mi mise fuori rosa e così decisi di rimettermi in gioco a Messina in una piazza importante seppur impegnata nel campionato di Serie D.
In Sicilia il secondo grave infortunio…
All’esordio in campionato, dopo dieci minuti incappai nel secondo grave infortunio della mia carriera. Rottura del legamento crociato destro, menisco e collaterale. In quel periodo difficile, mi è stata molto vicino la tifoseria messinese e ci tengo a ringraziarla. Spero un giorno di poter tornare e dimostrare il mio valore. La mia carriera finora è stata caratterizzata da questi gravi infortuni che non mi hanno fatto esprimere al meglio.
Di lì il passaggio al Visé. Com’è nata la possibilità di giocare in Belgio?
La possibilità è nata grazie all’allora direttore sportivo del Messina Gianni Magi che ha creduto in me. Essendo anche procuratore, aveva avuto qualche contatto con questa società belga e, nonostante mi conoscesse poco per via dell’infortunio subito, ha creduto in me proponendomi quest’esperienza. Mi disse: “Hai tempo sei mesi per rimetterti a posto; dopodiché, se tu vorrai, ci sarebbe questa occasione”. Non ho esitato un attimo e ho accettato. Mi intrigava molto provare un’esperienza all’estero.
Com’è stato l’impatto col nuovo Paese? Ti ha aiutato avere diversi compagni di squadra italiani oltre al tecnico Loris Dominissini?
L’impatto non è stato facilissimo, anche se comunque la presenza di molti italiani con me in squadra mi ha facilitato tutto. Però io non sapevo mezza parola in francese e quindi inizialmente è stato difficile confrontarmi con i miei compagni. Un altro problema è stata l’alimentazione. Ma dopo poco mi ci sono abituato fortunatamente. Ripeto, la presenza di connazionali in squadra è stata fondamentale. Senza di loro sarebbe stata dura.
Un bilancio sulla tua prima stagione?
Il bilancio lo dividerei in due parti. La prima parte di stagione è stata molto positiva. Feci 5 gol in 10 partite. Dopodiché, a febbraio, la società purtroppo decise di mettermi fuori rosa per motivi disciplinari. Fu, comunque, una decisione giusta. Anche se quei due mesi furono molto duri per me. Tornato in prima squadra, poi andò abbastanza bene.
In questa stagione, invece, c’è stato il passaggio di consegne da Dominissini a Domenicali. Come ti trovi con il nuovo allenatore?
Mister Domenicali lo conoscevo già dai tempi del Messina. È un allenatore molto bravo, uno dei più preparati che ho avuto da quando gioco. È un tecnico che cura molto i particolari, soprattutto tattici. Mi ci trovo molto bene.
Come sta andando il campionato? Quali sono le tue aspettative per questa stagione?
Il campionato per noi era iniziato bene, dopo le prime partite eravamo in vetta. Poi una serie di infortuni subiti dai calciatori più importanti e per di più anche il mio hanno fatto sprofondare la squadra nel giro di 6-7 partite nelle zone basse della classifica. Ora da qualche partita abbiamo migliorato i nostri risultati e speriamo di continuare così. Spero di arrivare in doppia cifra e di vincere il campionato con la squadra. Non importa se direttamente o tramite i playoff. La classifica è molto corta e di squadre cosi forti non ne ho ancora viste. Domenica scorsa, ad esempio, abbiamo vinto contro la prima della classe che era ancora imbattuta.
Visé è una cittadina di sedici mila abitanti, che aria si respira in città? La squadra è molto seguita?
Visé è molto piccola ma si sta bene, tanto che io ci vivo. Se poi voglio spostarmi ho a pochi chilometri città come Maastricht, Liegi, Bruxelles e Anversa. La squadra non è molto seguita. La domenica se va bene ci possono essere 300-400 persone. E nei match importanti con squadre più blasonate ci possono essere anche sui 1000-1200 spettatori. I nostri veri tifosi sono i soliti 15-20 che ogni domenica ci sono vicini sia che si giochi in casa che fuori.
Consiglieresti ad un giovane calciatore di lasciare l’Italia e cercare fortuna all’estero?
Sinceramente sì. In Italia, lo sappiamo tutti, le cose non stanno andando benissimo. Quindi se un giovane non ha la possibilità di potersi esprimere lì, è giusto che abbia la possibilità di farlo all’estero continuando ad inseguire il proprio sogno.
Italia che si lascia scappare spesso giovani promesse, vedi Giuseppe Rossi, Vito Mannone e…Matteo Prandelli. Spesso senza neanche dargli una vera chance. Perché, secondo te, c’è questa tendenza?
Ora come non mai in Italia c’è molta crisi e le società tendono a risparmiare su tutto. Quindi per cause di forza maggiore le società tendono a vendere giocatori giovani per poi reinvestire i soldi su elementi più esperti. Però nei casi di Mannone e Rossi credo che gli addetti ai lavori abbiano fatto un errore di valutazione e di prospettiva non del tutto indifferente.
Ti ha contattato qualche squadra italiana dopo il trasferimento in Belgio?
Ho avuto qualche contatto con delle società di Lega Pro e qualche altra estera. Ma io sto bene dove sono e al momento non ho intenzione di andarmene. Qui c’è una società solida e molto ambiziosa con cui si può ambire a fare grandi cose.
Progetti per il futuro? Ti piacerebbe tornare in Italia?
Onestamente preferisco vivere il presente e cercare di dare sempre il meglio. Sono molto concentrato su questa stagione. Non penso ancora al futuro anche se il mio sogno sin da bambino è giocare in Serie A. Non si sa mai nella vita. E poi un piccolo sogno sempre che avevo da piccolo è la Scozia. Mi affascina molto. Chissà che un giorno…