Esclusiva Mp – Acori: “Matri ha bisogno di giocare, Barusso è un grande rimpianto. I tifosi del Rimini? Non li ho traditi”

“Sono state inventate una marea di sciocchezze. Non è vero che i tifosi del Rimini mi hanno accusato di tradimento per il passaggio al San Marino. Abito ancora in città e tutti mi dimostrano grande affetto”. Leonardo Acori, tornato ad allenare il 5 ottobre dopo un anno sabbatico, ci tiene a mettere i puntini sulle i. Troppa bella la sua avventura sulla panchina biancorossa per macchiarla con delle voci infondate. Il 57enne di Bastia Umbra ha scritto pagine indelebili in terra romagnola, contribuendo alla consacrazione di numerosi talenti del pallone nostrano. Tra tutti Matri e Handanovic. Dimenticato con troppa sufficienza dal grande calcio, è ripartito da San Marino per riproporre quel gioco spumeggiante che gli valse l’ammirazione di Luciano Spalletti.

Mister, perché ha scelto il San Marino?

Sono stati loro a scegliere me. Io ho semplicemente afferrato al volo la prima occasione che mi è capitata per ritornare a far ciò che mi riesce meglio, cioè allenare.  Qui sto bene e mi sento apprezzato. 

Massimo rispetto per la sua attuale squadra, così come per quelle che ha allenato negli ultimi anni, ma uno come lei non meritava qualcosina in più?

Ho disputato quattro campionati di serie B, finendo sempre nella parte alta della classifica e lanciando tantissimi ragazzi. Probabilmente meritavo un’ulteriore chanche in quella categoria, ma è inutile piangersi addosso e rimpolpare il passato. Sono soddisfatto del mio attuale incarico.

Domenica scorsa avete sbancato con tre reti l’Omobono Tenni di Treviso: questo San Marino può ambire ai playoff?

No, andiamoci cauti. Noi giochiamo per mantenere la categoria, senza eccessive pressioni e con molta consapevolezza nei nostri mezzi. Nel calcio si può ambire a tutto, ma non bisogna mai perdere di vista la realtà.

Nella sua formazione, ma più in generale nell’intera categoria, si ravvisa l’assenza di uomini gol…

Per quanto riguarda il San Marino, posso dire che mi aspetto il contributo in zona gol di tutta la squadra. Nel calcio di oggi è indispensabile possedere qualche centrocampista che veda la porta, così come l’attaccante centrale deve aiutare i compagni in fase passiva. Siamo un gruppo proprio per questo.

A proposito di attaccanti che non segnano, come giudica il momento attraversato da Alessandro Matri?

Quando militi nella Juventus è logico patire le dinamiche del turnover, perché un grande club come quello bianconero scende in campo ogni tre giorni e giustamente deve alternare i suoi uomini. Il problema è che Alessandro ha un fisico particolare, bisognoso di un minutaggio ampio per rendere al meglio. In poche parole, sono convinto che se giocasse sempre farebbe molti gol.

Andiamo alle note positive: se lo aspettava che Handanovic diventasse uno dei migliori portieri d’Europa?

Me lo aspettavo, senza dubbio. Ho avuto la fortuna di allenarlo per una sola stagione, ma le sue qualità erano ben visibili già allora. Lo consigliai ad un grande club, di cui non posso fare il nome, proprio perché ero convinto che diventasse uno dei più forti in assoluto nel ruolo.

Quali emozione prova un allenatore nel ritrovare su palcoscenici così blasonati ragazzi da lui aiutati a crescere?

E’ una sensazione bellissima. Alla resa dei conti facciamo questo mestiere proprio per consentire ai calciatori di tirare fuori il meglio delle proprie qualità. Prendiamo l’esempio di Handanovic: arrivò a Rimini dopo un anno in cui, tra Treviso e Lazio, aveva giocato pochissimo. Noi gli demmo subito fiducia, lasciandolo lavorare tranquillo e permettendogli di mostrare il suo valore.

Si può dire che uno dei più grandi rimpianti della sua carriera sia costituito da Barusso?

Purtroppo le disavventure di Barusso dipendono esclusivamente dal caso. Subì un infortunio bruttissimo, di quelli che ti condizionano a vita. E’diventato comunque un ottimo calciatore, ma senza quell’incidente sarebbe un campione. Di conseguenza è un grande rimpianto.

Anni fa ricevette pubblicamente gli elogi di Luciano Spalletti: il vostro calcio ha molto in comune?

Direi proprio di sì, soprattutto se consideriamo il mio Rimini e la sua Roma. Entrambi giocavamo con il 4-2-3-1 e molti schemi offensivi erano simili. Spalletti è un grandissimo allenatore.

Mister, quali problemi attanagliano ancora la Lega Pro?

Innanzitutto c’è un’incongruenza nella costituzione dei gironi: uno è formato da 17 squadre, l’altro da 18. Il calendario prevede alcune trasferte non proprio agevoli, in particolar modo dal punto di vista economico. La crisi del paese si rifletti sopra ogni ambito e bisognerebbe fronteggiarla meglio.