Laggiù dove il calcio è passione pedante e ossessiva, gli estremi si rincorrono a suon di sfottò. I romanisti si vantano di essere gli unici rappresentanti della città; i laziali ricordano una nascita avvenuta ben 27 anni prima rispetto ai cugini. I giallorossi hanno subito la replica pronta: 11 stagioni in serie B sono un dolore incancellabile. Ma il covo biancoceleste si rifà sostenendo che l’Aquila, introdotta nell’esercito romano da Caio Mario alcuni secoli prima di Cristo, anticipi la Lupa come simbolo della Capitale.
Ce n’è per tutti i gusti, insomma. A mio parere, la cosa più bella di un derby è appunto l’atmosfera che precede la partita. Per chi ama questo sport, credo sia un’esperienza da vivere almeno una volta. Annusi l’odore della contesa nei piccoli bar, dove caterve di fedelissimi si riversano per sfogliare il Corriere dello Sport o bere un caffè che poi pagherà lo sconfitto di turno. Non ci sono differenze in quei momenti: il distinto signore in giacca e cravatta prova le stesse sensazioni dello spazzino reduce dalla nottata. E’ la magia del calcio, che riunisce e parifica chiunque.
Sarà una bella storia anche sul campo. Sono del parere che la Lazio, nonostante le cinque sconfitte consecutive avvenute in tempi recenti, riesca ad avere un approccio molto più grintoso al match rispetto alla Roma. A favore dei giallorossi c’è però un fattore: Ledesma e compagni sanno che i loro cugini possiedono molta più qualità (è così da anni per predisposizione naturale) perciò mascherano dietro il furore agonistico una sana paura. Petkovic contro Zeman, Totti contro Klose, Lamela contro Hernanes. Di certo non ci si annoierà. L’augurio è che, in fin dei conti, sia solo calcio o meglio quella miscela esplosiva di gol e ironia romana che ti toglie il fiato, ti fa invidiare dagli altri e se trionfi ti porta in Paradiso.