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Esclusiva Mp – Bergodi (ex Lazio): “Zeman preparava il derby senza trasporto. Noi calciatori non eravamo d’accordo…”

Prosegue la nostra marcia di avvicinamento al derby di Roma. Dopo aver sentito Massimiliano Esposito, oggi è la volta di un altro ex laziale: Cristiano Bergodi, centrocampista biancoceleste dal 1989 al 1996. L’anno scorso sulla panchina del Modena, l’attuale allenatore rivive le sue emozioni da protagonista della stracittadina più sentita del calcio italiano.

Mister, il Bergodi calciatore come viveva la settimana del derby?

Le emozioni più forti arrivavano al giovedì, quando con i cancelli aperti sfidavamo le formazioni giovanili e la gente ci incitava come se stessimo già giocando contro la Roma. Ricordo con piacere anche il tragitto in pullman fino allo stadio: quando passavamo da Viale dei Gladiatori eravamo ricoperti di insulti o applausi, a seconda della tifoseria nella quale incappavamo. Un’ora e mezza prima del fischio di inizio tutti sotto la curva a raccogliere il calore del nostro pubblico. Entravamo negli spogliatoi carichi a pallettoni. Delle sensazioni davvero stupende.

Il suo derby più bello?

Ce ne sono diversi, perché ne ho disputati 13. Se proprio devo scegliere ne elenco due: quello del 6 aprile 91, quando pareggiamo in extremis grazie ad un gol di Sosa pur giocando in nove contro dieci, e quello del 23 aprile 95 terminato 2 a 0 per noi. All’andata avevamo perso 3 a 0, ma ci riscattammo grazie ai gol di Casiraghi e Signori. Gigi lo servii io, con una rovesciata.

Per noi è la stracittadina più sentita del calcio italiano. Lei come la pensa a tal proposito?

Non ho avuto la fortuna di giocare i derby di Milano, Torino e Genova, ma per quello che ho visto concordo con voi. Già ad agosto, quando escono i calendari, i tifosi appuntano la data del derby e cominciano a caricarti. Due settimane prima dell’evento, la città si paralizza. Il derby di Roma è unico al mondo.

Il suo ex allenatore Zeman come preparava la sfida?

In maniera distaccata, come se fosse una partita uguale alle altre. Sicuramente dentro di sé avvertiva delle sensazioni particolari, ma essendo un tipo introverso non lo dava a vedere. Noi calciatori, a dire il vero, non eravamo molto d’accordo perché conoscevamo benissimo il valore della sfida. In quella squadra eravamo tanti i romani: pur comprendendo le ragioni del boemo non potevamo comportarci come se fosse tutto uguale alla solita routine.

Dalla Lazio alla Roma: Zeman travalica le bandiere, è un personaggio a parte…

E’ un personaggio più unico che raro nel mondo del calcio. Ha fatto benissimo su entrambe le sponde capitoline, con a disposizione delle squadre a mio giudizio molto forti, ed è apprezzato sinceramente sia dai laziali che dai romanisti. 

Una delle due squadre può arrivare terza?

Al terzo posto ci possono arrivare in cinque o sei. Juve a parte, che non credo scenderà sotto il secondo gradino, dall’Inter in poi sono tutte in gioco. Alla fine qualcuna resterà delusa, ma è inevitabile.

Mister, al momento lei è senza squadra ma se potesse scegliere cosa le piacerebbe per il futuro?

A me interessa prima di tutto poter allenare in buone condizioni, poi il resto è secondario. Ho fatto cinque anni in Romania, sono partito da solo e oggi mi ritrovo arricchito di un’esperienza umana davvero interessante. La priorità resta comunque l’Italia, perché a Modena ho dimostrato di valere il nostro calcio.

Se lo immagina un derby da allenatore della Lazio?

E’ un sogno che porto dentro di me, senza false illusioni ma con grande piacere. Sarebbe bellissimo.

Chi vince domenica?

Da laziale si capisce quale sia la mia speranza, da osservatore obiettivo prevedo una sfida aperta a tutti gli esiti e forse un po’ bloccata perché la sconfitta sarebbe un colpo durissimo per entrambe.