Subentrò a Ranieri nelle ultime due partite del campionato 2009, alla guida della Juventus, e le vinse entrambe tanto da meritarsi la conferma per l’anno successivo. Era l’estate di Diego, di Felipe Melo, delle grandi speranze poi andate in fumo. 13 punti in 5 gare, doppio successo romano e la sensazione di essere addirittura superiore all’Inter schiacciasassi di José Mourinho. Peccato che poi arrivarono sconfitte in serie, confusioni tattiche irrisolvibili e anche un calo fisico. Come andò a finire lo sappiamo tutti: via Ferrara, dentro Zaccheroni.
Nell’Under 21 le cose sono andate meglio per il napoletano, ma anche in azzurro è riconoscibile il classico trend ferrariano. Partenza sprint, calcio champagne e gol a grappoli, poi un cammino più complesso, intervallato da qualche battuta a vuoto. La nuova esperienza a tinte blucerchiate somiglia forse a una sentenza definitiva: i campionati durano 38 partite e bisogna correre sempre. Perché arrivano puntualmente questi black out? Motivi di preparazione atletica (in effetti la Samp, nell’ultimo match col Cagliari, è stata sovrastata come tenuta fisica dagli isolani)? Enigmi tattici irrisolti? Difficoltà a reagire dopo la prima tempesta? Tutto può essere. Di certo c’è che il buon Ciro deve invertire la tendenza, se davvero vuole raggiungere i livelli sfiorati da calciatore. Di allenatori che iniziano spingendo a mille per poi frenare paurosamente ne abbiamo già visti molti, Serse Cosmi e Alberto Malesani in primis. Nessuno tra loro si è mai compiuto in pieno.