Quel giorno, il 1 settembre 2004, un gruppo di ribelli e separatisti ceceni assediò una scuola elementare; tre giorni dopo l’irruzione delle forze armate provocò il massacro un migliaio tra morti e feriti, per la maggior parte bambini. E’ questo a dar il senso della crudeltà dell’accaduto, l’occupazione armata di un luogo scolastico, non di una caserma. Ma, si sa, l’educazione e l’insegnamento spesso fanno più paura delle armi in sè.
Fatto sta che lo Zenit, come squadra, gruppo e società, ha deciso di onorare le vittime ed ha presenziato nel luogo della tragedia, la cosidetta “Gorod Angelov”, terra degli angeli. Tale luogo, teatro del sopracitato fattaccio, ospita ora dei monumenti e delle targhe volte a mantenere vivo l’indelebile ricordo di uno dei punti più bassi che la Federazione Russa ha toccato nel recente passato.
“In un posto del genere” ha detto il difensore belga Nicolas Lombaerts “capisci come la vita possa finire da un momento all’altro. Capisci come il calcio alla fine conti poco, che le cose importanti nella vita sono altre.” E gli altri calciatori non hanno potuto far altro che accodarsi alle parole del centrale dello Zenit. Gesto d’obbligo, che lascia tanto nell’animo di tutti i componenti, perchè umano, e sentito.