Il pessimo inizio di stagione del Milan ha portato la dirigenza rossonera a rispolverare un vecchio rimedio per riacquistare concentrazione e cattiveria agonistica: il ritiro. Una modalità di agire forse demodé, ma che in passato il mondo del calcio italiano ha visto frequentemente. Una “punizione” tornata d’attualità.
Il termometro dell’ambiente Milan ha raggiunto temperature altissime negli ultimi giorni, a causa del brutto avvio di stagione culminato nella sconfitta contro la Lazio che ha confermato numeri pesanti: in 8 gare di campionato, 7 punti, 5 sconfitte, un inizio che non si verificava da ben 71 anni. Le chiare difficoltà incontrate da Allegri nel ricostruire un gruppo di successo hanno avuto origine in estate, quando il Diavolo ha perso in un attimo le vere stelle della squadra – Thiago Silva e Ibrahimovic passati al PSG – senza rimpiazzare adeguatamente due giocatori in grado da soli di alzare il livello globale del team. Se poi si aggiungono gli addii dei “grandi vecchi” Seedorf, Nesta, Gattuso, Inzaghi e la cessione di Cassano all’Inter, il quadro si fa completo.
Non si può pretendere di lottare al vertice se si pensa solo a ringiovanire la rosa e risparmiare… per carità, idee condivisibili visti i tempi di crisi. Ma a Milanello è stata fatta proprio “piazza pulita”. Un restyling tutt’altro che indolore. In più, Allegri non è stato proprio fortunato con l’infermeria, con cui Pato ha stipulato un abbonamento a tempo indeterminato. Subito dopo la sconfitta con la Lazio, è stato deciso che la squadra sarebbe andata subito in ritiro punitivo per affrontare con maggior concentrazione gli impegni casalinghi contro Malaga e Genoa, decisivi per la panchina del tecnico rossonero.
Ma la moda del ritiro punitivo è ben conosciuta, soprattutto nel campionato italiano, benché non sia più in voga da molti anni.
Celeberrime le decisioni dei presidenti vulcanici negli anni ’80 come Costantino Rozzi (Ascoli) e Romeo Anconetani (Pisa), personaggi sanguigni che con la formula del ritiro – spesso annunciato da dichiarazioni furibonde alla stampa dovute a prestazioni negative – intendevano scuotere le proprie squadre. Questo tentativo di punizione per i calciatori, consisteva spesso nel recarsi presso un convento. In tal modo da scongiurare in particolare “pensieri peccaminosi”, favorendo il recupero del vigore agonistico per la dedizione totale alla causa. Senza distrazioni di sorta.
A volte l’estrema misura utilizzata dai presidenti dava i frutti sperati. Invece in altre occasioni non migliorava la situazione o addirittura la peggiorava.
Il ritiro, ovviamente, non era ben visto dagli atleti: tanto dai giovani (più esuberanti e volubili) quanto dai più maturi (costretti ad allontanarsi da moglie e figli).
Ma c’è stata una storica dimostrazione, come dire, al contrario… la Nazionale olandese, in ritiro prima dei Mondiali 1974, vide l’apertura totale a mogli, figli e fidanzate. Perché, in controtendenza con l’epoca, venne stabilito che l’attività sessuale (principale spauracchio per il rendimento dei calciatori) non avrebbe influito negativamente sulle prestazioni. Sappiamo tutti come andò. L’Olanda diede spettacolo in Germania Ovest, fermata solo in finale dai padroni di casa.
Nel 1985, nel film commedia “Mezzo destro, mezzo sinistro“, la scalcinata Marchigiana sul fondo della classifica viene risollevata dalle cure del sergente di ferro argentino Juan Carlos Fulgencio, interpretato dal grande Leo Gullotta, che porta la squadra in ritiro presso un convento… dove ne accadono di tutti i colori.
Gustatevi questo spezzone del film, con Fulgencio alle prese con l’indolente Margheritoni, impersonato da Andrea Roncato.
Funzionerà la cura del ritiro per il Milan? Oppure Mister Allegri ha già il destino segnato? A breve l’ardua sentenza.