Come ogni stagione, anche quest’anno, dal 18 al 29 ottobre, ritorna la campagna “attiva” che punta a organizzare eventi e situazioni che coinvolgano squadre, calciatori professionisti e comunità di cittadini (soprattutto ragazzi nelle scuole e nei quartieri) per aumentare l’informazione e il coinvolgimento nel tentativo di cancellare il razzismo dallo sport.
E come ogni periodo attivo, anche quest’anno i calciatori delle squadre inglesi sono chiamati a indossare la maglietta dell’organizzazione, durante i pre-partita e l’ingresso in campo.
Il problema è che, negli ultimi tempi, la Premier League inglese è stata teatro di alcuni casi di razzismo di alto profilo: Suarez-Evra e Terry-Anton Ferdinand (con conseguente coinvolgimento del fratello Rio), che hanno portato a dibattiti, mancate strette di mano, rivalse personali, perdita della fascia di capitano in Nazionale (Terry, ndr) e ritiro dalla Nazionale stessa (ancora Terry, ndr).
A questo si è aggiunto il recente rapporto sulle finanze di Kick It Out: appena 7 impiegati e quasi l’80% del budget proveniente da Federazione Inglese, Premier League e Associazione dei calciatori messe insieme. La critica principale è partita da Jason Roberts (attuale attaccante del Reading): come può l’organizzazione muovere critiche e operare concretamente contro le stesse istituzioni che in larga parte la finanziano? Molto infatti si è dibattuto sulla poca incisività dei provvedimenti presi verso chi è stato accusato, e successivamente trovato colpevole, di episodi di razzismo in campo.
Immediate le repliche, contrastanti: Sir Alex Ferguson l’ha giudicata una scelta “stupida”, che non aiuta in alcun modo la causa. Altri manager hanno invece avvallato la scelta dei singoli come punto di vista personale da rispettare. Tutti sono stati concordi, comunque, sul fatto che la campagna contro il razzismo nel calcio inglese resti una priorità da portare avanti.
Il gesto promosso da Rio Ferdinand e Jason Roberts, anche se polemico, ha permesso di dare ampio risalto mediatico alla questione. Mentre scriviamo è emerso che lo stesso Roberts incontrerà in settimana i dirigenti dell’organizzazione, per parlare di cosa si può e si dovrebbe fare. Nel bene o nel male, dunque, la decisione delle magliette ha evidenziato problemi strutturali e fisiologici che, si spera, verranno tenuti maggiormente in considerazione e, se non risolti, almeno migliorati.