Il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, torna a parlare della famigerata questione della legge sugli stadi. Un provvedimento che continua a rimbalzare (peggio di un pallone, a proposito) tra emendamenti e modifiche, tra Camera e Senato, quasi come se si stesse parlando di un’altra disciplina: palla avvelenata. Il problema è che la posta in gioco è ben più alta in quanto, in assenza di chiarezza, verrebbe colpito l’intero sistema-calcio italiano e, nello specifico: club e Nazionale. Le società trarrebbero sicuramente maggiori benefici dagli introiti derivanti dalla costruzione di uno stadio di proprietà: in casa abbiamo l’esempio della Juventus; all’estero, di esempi ne abbiamo a iosa. L’Italia, invece, potrebbe ambire a ospitare manifestazioni sportive di rilievo internazionale che, al momento, sono fuori discussione. Tutti argomenti che non sembrano mettere fretta a deputati e senatori, impegnati in pratiche di altro genere.
Il presidente Abete, però, vuole far luce sulla questione, e vuole farla al più presto: “Mantenere questa sorta di limbo non è utile per nessuno. Se non ci sono le condizioni, lo si dica subito in modo chiaro e con onestà intellettuale e, pur rispettando la volontà del Parlamento, si metterà una pietra sopra e si andrà avanti comunque. L’approvazione può rappresentare un volano per lo sviluppo, ma la norma è sedimentata attraverso un approfondimento durato anni. Ulteriori modifiche, del resto, sarebbero incomprensibili perchè il testo attuale è stato votato pressochè all’unanimità da un ramo del Parlamento”
Infine, tira le somme sull’attuale situazione stadi, non di certo entusiasmante: “In 10 delle nostre 20 regioni non possiamo far disputare le partite della Nazionale. Possiamo farlo soltanto in 12 città e in Serie B soltanto a Modena“