De Rossi-Osvaldo, un oceano di chiacchiere inutili

Tra undici giocatori che potevano buttarla in fondo al sacco, proprio loro due. Ok, ben venga che la loro condizione fisica sia buona, ben venga che i loro gol abbiano contribuito a far vincere l’Italia, ma dico io: di polemiche inutili se ne fanno già tante, e cosa accade? Che Osvaldo e De Rossi vanno in nazionale e zak, la piazzano in rete entrambi. E io che speravo che la sosta per la Nazionale regalasse un po’ di tregua, ai veri amanti del pallone, dagli inutili e oppressivi discorsi – astrusi – di mercato.

Purtroppo, non è così. Purtroppo, del tifoso italiano se ne fa sempre di tutta l’erba un fascio, e il beffardo caso, neanche avesse un cervello per pensare – ma forse non sarebbe più tale se l’avesse – non fa altro che render propria tale considerazione; fa sì, allora, che i due giallorossi diventino protagonisti della serata armena, e fa sì che l’Italia pallonara, indistintamente da chi ne è interessato e chi no, debba sorbirsi chiacchiere inutili sulla presunzione zemaniana e sul merito dei due grandi esclusi, con il “più grande” dei due, De Rossi, addirittura sul punto di fare fagotto, indignato, e andar via dalla sua Roma!

Sì, via da Roma: per clamorosi disaccordi con l’allenatore. Via da quella Roma, dunque, che neanche due mesi fa ha rispedito al mittente le offerte faraoniche del City, e che, signore e signori, adesso avrebbe incredibilmente già cambiato idea. Quella Roma che secondo la stampa italiana si starebbe addirittura guardando attorno per trovare una sistemazione a colui che, sulla sponda giallorossa del Tevere, viene tuttora chiamato, a quasi 30 anni, “capitan futuro”. Una sistemazione che garantirebbe, ovviamente, tanti soldi (ma, attenzione, non tanti quanti ne avrebbe ricavato da una cessione a luglio… vox populi) e discreta tranquillità all’ambiente capitolino, finalmente senza litigi tra il pio Daniele e il severo Zdenek, Poi, magari se ne andasse Osvaldo, bingo: due piccioni con una fava, tanto c’è Destro. Ah, a proposito: la Roma cerca David Villa: non fa una piega, verrà al posto dell’italoargentino…

Non fa una piega. Appunto.

Poi, tornando un attimo seri, inizia la mia preghiera: Signore… e signori, per carità: qui c’è da aprire gli occhi. E le orecchie. Qui c’è da concentrarsi sul calcio che si gioca, quello che produce sudore, e che è fatto di grinta, carattere, determinazione, anche severità. Non parole al vento! Qui c’è bisogno di guarirlo, il calcio, da tanti mali che di giorno in giorno lo affliggono (scommesse a capo tavola, ovvio). Mali che sono alimentati da un oceano di chiacchiere inutili, che producono soldi, ed elevano gli addetti ai lavori (procuratori, dirigenti, e calciatori, ovvio) al grado di semi-divinità intoccabili. C’è da aprire gli occhi, dicevo, perché non è più possibile vivere di uno sport che non produce solo brividi, ma anche fiumi d’inchiostro ingiustificati. C’è bisogno, dunque, di rigore e anche disciplina. Non di parole e polemiche. Chi ha vissuto di calcio, nei decenni passati, sa benissimo (e a me, fortunatamente, così è stato insegnato) che l’armonia, l’atmosfera attorno a una semplice partita, e al campionato in generale, era ben diversa da quella che si respira oggi. Non che rimpianga quel calcio, intendiamoci: oggi le partite son molto più divertenti! Rimpiango, invece, lo stile di un tempo, la voglia di tifare, di concentrarsi sulle notizie concrete, non sui fatti campati per aria sperando che qualcuno, questi fatti, li trasformi presto in notizie montando ad hoc il grossolano ribaltone.

Osvaldo e De Rossi, e torniamo al discorso principale, non se ne andranno, o per lo meno non lo faranno così, su due piedi, per una partita in panchina. Da qui a gennaio, di acqua sotto i ponti, e di calci al pallone, ne passerà e se ne daranno tanti: il primo ha tutte le carte in regola per fungere da protagonista, il secondo non deve neanche dimostrarla più la sua immensa qualità; vediamo cosa succederà nei prossimi due mesi e mezzo, poi, se proprio vogliamo parlarne, lo faremo con criterio. “Poi”, però; non adesso. Ché non è tempo. Adesso, ci sarebbe da parlare di altri discorsi, magari di Nazionale, che ha vinto ma non convinto appieno contro l’Armenia. Però dell’Italia sono moltissimi quelli che non se ne interessano. D’altronde, scusate, lì mica si fa mercato…