Soltanto la storia può farci capire l’orgoglio nazionalista degli armeni, popolo completamente sterminato dall’impero ottomano all’inizio del secolo scorso. Quello che gli storici indicano come il primo genocidio della storia, dove l’unico obiettivo dei turchi era quello di cancellare un’ etnia che dava fastidio all’impero, anche per i suoi legami molto stretti con la Russia, da sempre in conflitto con Ankara: ultimo esempio in ordine cronologico gli scontri verbali e non alla vigilia di Fenerbahce-Spartak Mosca, con i tifosi moscoviti che hanno bruciato un’icona di Kemak Ataturk, eroe nazionale turco e fondatore della prima Repubblica Turca, nata sui resti di un impero secolare come quello Ottomano, scatenando ovviamente le furie dei turchi.
Quello Armeno viene definito il prototipo dei genocidi del ventesimo secolo: secondo lo storico Raphael Lemkin questo termine, genocidio, poteva essere usato soltanto per definire la precisa intenzione di annientare l’identità nazionale, religiosa e etnica di un popolo. Quello che accadde a inizio secolo appunto, con l’impero che vedeva negli armeni i colpevoli della disgregazioni di un impero ormai alla fine dei suoi giorni, e con la Prima Guerra Mondiale a fare da deterrente e da schermo agli sconsiderati atti che si stavano compiendo. Tutt’ora la Turchia e, tra gli altri gli Usa, non riconoscono questi eventi, e ancor oggi alcuni territori armeni appartengono alla Turchia. Se consideriamo la posizione dell’Azerbaijan, paese turcofilo, si può comprendere l’instabilità di queste zone.
Un’infarinatura storica è necessaria per capire la situazione odierna, anche nel mondo del calcio. Durante le qualificazioni a Euro 2008 Armenia e Azerbaijan persero a tavolino entrambe le loro sfide, per ovvi motivi di ordine pubblico. Più distesa la situazione un anno dopo, quando gli Armeni volarono in Turchia per un match apparentemente normale: tutto fortunatamente filò liscio in quel caso, e si parlò soltanto di gol sbagliati e di errori degli allenatori.
L’Armenia ha però dimostrato notevoli segnali di crescita durante le qualificazioni a Euro 2012. Spareggi sfumati per un errore arbitrale nel match decisivo con l’Irlanda, 6 punti contro la Slovacchia giustiziere qualche mese prima dell’Italia in Sudafrica, 17 punti in totale. Senza il rigore di Naumoski al 96′, gli armeni avrebbero vinto anche in Macedonia e probabilmente all’Europeo avremmo parlato della bella favola dell’Armenia, invece di quella dell’Eire.
Ma quali sono le stelle di questa squadra? Come tante squadre dell’est l’Armenia dispone di molta qualità dalla mediana in su mentre la difesa è un po’ più ballerina. Una squadra giovane nel complesso, se escludiamo l’esperto portiere Roman Berezovskiy, classe 1974 e un vita passata a difendere i pali in Russia; il giocatore di maggiore spicco è sicuramente Henrikh Mkhitaryan, centrocampista offensivo dello Shakhtar Donetsk. Con Lucescu è migliorato molto, e sarà uno dei maggiori pericoli “non brasiliani” che la Juventus dovrà temere nel doppio confronto di Champions League.
Krasnodar e il campionato russo sono una destinazione davvero gradita dai giocatori armeni: Yura Movsisyan è il centravanti di riferimento dell’Fc Krasnodar, e la sua capacità di fare reparto da solo oltre che fare tanti gol lo rendono un attaccante molto forte. Al suo fianco c’è Marcos Pizzelli, squalificato contro gli azzurri, che gioca nell’altra squadra della città, il Kuban, assieme ad Aras Ozbiliz. Giocatore da seguire il 22enne di origini turche e olandesi, che ha siglato un fantastico gol nello scorso turno di campionato russo contro la Dinamo. Da citare anche Sarkisov, giocatore che non trova molto spazio nel Volga targato Gadzhiev ma che ha deciso la sfida con Malta.
L’Armenia non è una cenerentola, come i luoghi comuni vorrebbero definirla, bensì una nazionale con qualità, in crescita, e con un ricambio generazionale ottimo. I giocatori non sono più racchiusi soltanto all’interno del non eccelso campionato locale, bensì emigrano nella vicina Russia o in altri paesi dove c’è un torneo più importante che permette loro di fare esperienza e di alzare l’asticella delle loro prestazioni. Contando anche il patriottismo e l’orgoglio nazionale che la storia recente conserva nello spirito di questi giocatori e di chi li supporta l’Italia è avvisata: stasera a Yerevan non ci sarà da scherzare.