Storie di provincia: il Pescara di Galeone

La stagione 1987-88 fu l’ultima ad annoverare 16 squadre partecipanti (poi diventate 18) e anche l’ultima con due stranieri, limite poi esteso a tre. Il campionato italiano salutava Michel Platini e accoglieva Marco Van Basten, che nell’estate successiva avrebbe guidato l’Olanda sul tetto d’Europa. Lasciava la serie A anche Giancarlo Antognoni, mentre disputava la sua prima stagione da protagonista Roberto Baggio. Per la Juventus, fu l’anno di Ian Rush e Marino Magrin, per l’Inter di Trapattoni, quello delle basi per il successivo scudetto dei record. A fine stagione, il Napoli campione in carica di Maradona – Giordano – Careca avrebbe consegnato lo scudetto al Milan di Gullit e del debuttante Arrigo Sacchi, segnando il passaggio dall’era del calcio a uomo a quella del calcio a zona.

E proprio con un 4-3-3 a zona, si presentò in serie A anche il Pescara di Giovanni Galeone. Reduce da una trionfale promozione, ottenuta con una squadra di ragazzini, dopo un ripescaggio in B per il fallimento del Palermo, Giovanni Galeone applicò la stessa filosofia di gioco anche nella massima serie.

Ceduto alla Fiorentina il capocannoniere della serie B, Rebonato, che a fine stagione contese a Ian Rush il titolo di bufala dell’anno, il Pescara aggregò alla rosa dei giovani italiani il trentatreenne brasiliano Leo Junior, centrocampista storico del Brasile ‘82, e Blaž Slišković, uno che interpretava con disinvoltura lo standard dello slavo tutto talento e sregolatezza. Di lui, anni dopo dirà Galeone: “Se non avesse fumato e bevuto tanto, sarebbe davvero diventato il più forte giocatore europeo degli ultimi 30-40 anni. Tecnicamente era un fenomeno, nelle partitelle d’allenamento (quando era sobrio) faceva delle cose da fantascienza”.

Tra gli altri giocatori, il futuro tecnico Gasperini, i giovanissimi Dicara e Gatta (nemmeno ventenni), l’altro futuro allenatore Cristiano Bergodi e il tornante Rocco Pagano, fenomeno da una stagione e via. Di quest’ultimo, molti anni dopo, dirà a sorpresa Paolo Maldini: “E’stato il giocatore che ho sofferto di più”.
La formazione tipo era: Zinetti, Benini, Camplone, Galvani, Junior, Bergodi, Pagano, Gasperini, Gaudenzi, Slišković, Berlinghieri. In panchina: Gatta, Dicara, Ciarlantini, Ferretti, Marchegiani.

Ancora oggi, viene ricordato come esempio clamoroso il debutto del Pescara: un secco 0 – 2 inflitto all’ Inter a San Siro, con una rete per tempo di Galvani e di Slišković (vedi video).
La spregiudicatezza del gioco portava il Pescara ad alternare prestazioni esaltanti e sconfitte impressionanti, come il 6 – 0 subito dal Napoli del Ma-Gi-Ca.
Un’altra vittoria memorabile fu il 2 – 0 rifilato alla Juventus, questa volta tra le mura amiche dell’Adriatico (vedi video), reti di Junior e Pagano.

A fine stagione, il Pescara raggiunse la salvezza, totalizzando otto vittorie, otto pareggi e quattordici sconfitte, con un dodicesimo posto che dimostrò come fosse possibile salvarsi non solo seguendo il classico modello catenaccio e contropiede, con cui solitamente si identificavano le provinciali, ma anche con un gioco veloce e moderno, al passo con i tempi che stavano cambiando.

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