¿Sport?
Marco Iannotta esordisce in mattinata citando dalla Gazzetta dello Sport edizione milanese, con un articolo di spalla alla sconfitta dell’Armani Milano alla FuturShowStation di Bologna:
[quote by=”Gianluca Basile”]Sto facendo il riscaldamento in campo e sento una vocina che mi dà della testa di c… Mi giro e vedo un bambino di dieci anni al massimo. Mi sono avvicinato e gli ho chiesto: “Ma chi ti ha insegnato a vivere così lo sport? Quando giocavo nella Fortitudo eri appena nato, non puoi avercela con me”. Lui imbarazzatissimo mi ha chiesto scusa, ma mi ha fatto riflettere. […] In Italia, nello sport, c’è qualcosa di sbagliato, di profondamente sbagliato.[/quote]
Non c’è niente di sbagliato in questa frase, presa di per sé: è lo sfogo di un grande giocatore (vicecampione olimpico nel 2004) per un trattamento troppo rude. A 37 anni, dopo tante battaglie, è legittimo e comprensibile essere stanchi. E a ogni età, per principio, è giusto non volere essere insultati: ci definiamo società civile, non sempre ne siamo degni. Men che meno quando si parli di sport.
Pochi giorni fa sono stato tra il pubblico di una partita di basket a livello regionale, in Toscana. C’erano dei bambini, tra i tifosi, e naturalmente si divertivano a battere con le mani e i piedi sugli spalti, rendendo la palestra un coacervo di cacofonie. E fin qui, passi: sono bambini. Quello che non passa è il resto, e cioè il commento continuo di un genitore: non mi scandalizzo davanti a niente, ma certi insulti agli arbitri erano da brividi e da censura. Roba del genere di locuzioni mai viste. Finché un dirigente della società di casa non si è alzato ed è andato a calmarlo. Peraltro, in questo periodo di vacche magre, una multa alla società scoccia parecchio. Oppure, mi ricorda Elia Modugno, quei tifosi che fischiettano la canzone sull’Heysel, incuranti di ciò che è successo. Sono questi i valori dello sport che insegnamo ai nostri figli?
Torno su Basile, però, perché detto dei tifosi e dei genitori, a volte i giocatori e i dirigenti non sono da meno. Esempio pratico: lo stesso Basile, nel 2003, non si è distinto per equilibrio e rispetto. Con la Virtus (rivale di sempre della Fortitudo, per cui giocava) sull’orlo del fallimento, radiata dalla Fip, dichiarò (testuale): «godo come un riccio». Cosa che ha smentito solo tre giorni fa a Massimo Selleri del Resto del Carlino, come se non se ne fosse mai accorto prima (o come se finora quella frase gli fosse comunque piaciuta). E come se la Rete non fosse una prova sufficiente.
Basile aveva 28 anni: non era un ragazzino che parla prima di pensare. E non stupiamoci se poi Walter Fuochi, di Repubblica, lo definisce «uno che invecchiando va perdendo la memoria». Rischia di andarsene la seconda storia sportiva più gloriosa della pallacanestro italiana, e questo è il rispetto all’avversario? Questo è il valore in gioco? Soprattutto: ha mai senso compiacersi delle sventure degli avversari tutto questo non rientra nella logica del “nemico” che tanto è antisportiva? Non riuscirei mai a compiacermi della scomparsa del basket a Treviso, nonostante non sia la mia squadra.
Tutto sbagliato, tutto da rifare, avrebbe detto un Bartali. (Per quanto mi riguarda, peraltro, questa frase sarebbe degna di un articolo 140 della Costituzione.) Ho preso a spunto la pallacanestro, ma vale per qualsiasi cosa: il calcio in primis, giù giù fino al torneo di bocce nel ricovero per anziani.
Per chiudere, però, una nota di colore. Nel senso che il medesimo giornalismo italiano è profondamente sbagliato. È capace di affermare che Guardiola «è stato premiato col Pallone d’Oro della Fiba nel 2011» (PianetaBasket la riprende da Pallarancione): per la fortunata serie “ne avessero presa una”.
Ma forse l’autore del pezzo era parente di quell’altro caso celebre (almeno nella mia memoria) in cui il Corriere Adriatico, diversi anni fa, parlò prima di «Eftimov Rentzias» (sintesi del nome greco Efthymis e del cognome di un altro giocatore, Vasil “Vasco” Evtimov), poi del playmaker Meanwhile Pelekanos, dandoci l’esatta misura della qualità del lavoro (e del grado di conoscenza dell’inglese e della materia, visto che il ragazzo è in realtà una guardia-ala). Chapeau.