MondoPallone Racconta… Questioni di… cuore
Il calciatore olandese Evander Sno è balzato alle cronache pochi giorni fa non per un’impresa agonistica, una rete spettacolare: ha subìto un arresto cardiaco in campo, come gli era già successo due anni fa. Allora venne salvato e tornò a giocare grazie all’impianto di un defibrillatore interno che il 30 settembre lo ha miracolosamente sottratto alla morte. Mentre infuriano le discussioni se Sno sia più coraggioso o superficiale, l’idoneità agonistica per motivi cardiaci è un argomento scottante e tristemente attuale. Sarebbe troppo semplice e scontato scrivere un pezzo sulle storie dei calciatori che hanno perso la vita su un campo di calcio per cause riconducibili al cuore e patologie correlate. E risulterebbe senz’altro – purtroppo – un articolo noioso e sconfinato, dato l’alto numero di atleti coinvolti. Più o meno famosi, di tante nazionalità diverse. La spettacolarizzazione della morte: come accadde ad esempio per Foé, Fehér e Morosini, i cui terribili ultimi istanti sono stati impressi nei ricordi di milioni di appassionati in diretta televisiva. Ma per fortuna, o se vogliamo grazie alla Divina Provvidenza, c’è chi è sopravvissuto ad un trauma simile. In numerosi casi viene stroncata una carriera: ma c’è chi addirittura ritorna in campo. Questa settimana raccontiamo le storie dei calciatori che sono riusciti a gettare… il cuore oltre l’ostacolo.
Nwankwo Kanu è un alto e dinoccolato attaccante nigeriano in forza all’Ajax. Classe 1976, muove i suoi primi passi nel grande calcio quando i lancieri di Van Gaal conquistano 3 titoli nazionali di fila, la Champions League e la Coppa Intercontinentale tra il 1994 ed il 1996. Nell’estate 1996 viene acquistato dall’Inter. Kanu arriva a Milano con al collo l’oro olimpico vinto da protagonista ad Atlanta con la sua Nigeria. Ma le visite mediche di rito riscontrano una grave anomalia aortica: la nuova superstar africana deve essere operata ed il suo luminoso futuro sembra ad altissimo rischio. Tutto volge al meglio e nell’aprile 1997 il giocatore rientra in campo ed esordisce finalmente con la maglia nerazzurra. Nwankwo fonda la “Kanu Heart Foundation“, per aiutare i piccoli bimbi africani affetti da patologie cardiache. Kanu, che dopo l’Inter giocherà per oltre un decennio in Inghilterra, è stato Pallone d’oro africano 1996 e 1999.
Khalilou Fadiga si rivela a livello internazionale ai Mondiali nippo-coreani 2002 con il Senegal, alla finora unica partecipazione iridata. Attaccante esterno, Fadiga gioca in Belgio e Francia prima di venire ingaggiato dall’Inter nell’estate 2003: qui non risulta idoneo all’attività agonistica per problemi cardiaci, e sorprende come abbia fatto a giocare da professionista nel decennio precedente. A Milano gioca solo qualche amichevole. Rifiutando di ritirarsi nonostante il parere dei medici, passa al Bolton Wanderers. In ottobre, prima di una gara, ha un collasso e gli viene impiantato un defibrillatore interno. Sfidando ancora i medici – un colpo subìto durante una fase di gioco potrebbe bloccare il dispositivo causando la sua morte – Fadiga continua a giocare. Chiude definitivamente con il calcio giocato nel 2011 a 36 anni.
Rubén De la Red è ben posizionato sulla rampa di lancio di una grande carriera. La sua ultima stagione, in cui il Real Madrid lo ha mandato in prestito al Getafe, è stata un successo. Tale da guadagnarsi la chiamata in Nazionale da parte del C.T. Saez, che lo convoca un po’ a sorpresa per Euro 2008. Il centrocampista centrale di Mòstoles scende in campo nell’ultima gara della prima fase contro la Grecia, realizzando il suo primo gol internazionale con un potente tiro dalla distanza. Diventa Campione d’Europa con la Roja e ritorna a vestire la camiseta del Real, con l’intenzione di ritagliarsi finalmente uno spazio importante. Gli esordi sono ottimi, però il destino è in agguato: il 30 ottobre 2008 collassa in campo durante la gara di Coppa del Re contro il Real Union. De la Red è vittima di una sincope e viene tenuto a riposo per il resto della stagione. Effettua controlli periodici per ottenere l’idoneità agonistica, ma i test risultano inconcludenti. Il 3 novembre 2010, durante una commossa conferenza stampa al fianco di Jorge Valdano, annuncia il suo ritiro a soli 25 anni per entrare nello staff tecnico madridista.
Fabrice Muamba nasce in Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo) nel 1988 e si trasferisce in Inghilterra all’età di 11 anni. Il padre era arrivato nel Regno Unito nel 1994 in cerca di asilo dopo essere stato cacciato dal suo paese a causa della fede politica. Fabrice entra nel settore giovanile dell’Arsenal. Arriva in prima squadra ma dopo due presenze in Coppa di Lega viene ceduto in prestito al Birmingham. La prima stagione è talmente convincente che il City ne rileva il cartellino dai Gunners. Dopo un altro torneo di buon livello passa al Bolton. Nel 2010 la dirigenza del club, viste le sue prestazioni, gli offrono un rinnovo quadriennale. Nel periodo 2007-2011 veste per ben 33 volte la maglia dell’Under 21 inglese. Il 17 marzo 2012, durante Tottenham-Bolton di FA Cup, subisce un arresto cardiaco. Quando ogni intervento sembrava ormai essere vano, il cuore di Muamba ha ripreso a battere dopo 78 minuti di rianimazione: un autentico miracolo. Dopo aver ricevuto l’impianto di un defibrillatore interno, ha annunciato l’addio al calcio il 15 agosto 2012.
Evander Sno è un centrocampista di alta statura che cresce nelle giovanili dell’Ajax prima di lasciare il club biancorosso a 18 anni per passare al Feyenoord. Qui non riesce a debuttare in campionato e viene ceduto in prestito al NAC Breda. 14 presenze sono sufficienti al club scozzese del Celtic per metterlo sotto contratto. Sno vince due titoli scozzesi di fila prima di ritornare all’Ajax, che dopo un’annata lo manda di nuovo temporaneamente altrove, stavolta al Bristol City. Nell’estate 2010 Sno ritorna di nuovo ad Amsterdam ma viene declassato alla squadra riserve. Il 13 settembre, in un match contro il Vitesse/AGOOV, ha un arresto cardiaco. Non venne riscontrata nessuna particolare patologia nel suo cuore e potè tornare a giocare già a novembre, dopo il posizionamento cautelare di un defibrillatore interno. Proprio ciò che lo ha salvato pochi giorni fa dove ha subìto un nuovo arresto cardiaco con la maglia del NEC Nijmegen. Addirittura, Sno è riuscito ad abbandonare il campo sulle sue gambe.
Sempre sia lodata la tecnologia, se aiuta a salvare delle vite.
Resta da spiegare la mancanza di omogeneità dei regolamenti nazionali in materia di idoneità allo sport agonistico.
Un atleta con dei problemi fisici del genere, come mai in una nazione può giocare regolarmente ed in un’altra può essere dichiarato non idoneo?
Perché, come abbiamo ricordato all’inizio, tanti decessi avvenuti tra calciatori professionisti hanno avuto come cause dei consistenti difetti cardiaci non riscontrati prima. In alcuni casi si trattava di macro-difetti. Uno per tutti, da segnalare quello della morte del brasiliano Paulo Sergio de Oliveira “Serginho” nel 2004: l’autopsia stabilì che il suo cuore aveva le dimensioni due volte maggiori rispetto alla norma.
Sappiamo inoltre che alcune particolari patologie non sono rintracciabili dai normali – seppur approfonditi – esami strumentali a cui vengono sottoposti gli atleti e spesso scoperte solo dagli esami autoptici. Secondo i dati pubblicati dalla FIFA, la “Sudden Cardiac Death” (morte cardiaca improvvisa) colpisce un atleta ogni 100.000. Il massimo organismo internazionale mette una parte del proprio website a disposizione degli atleti per documentarsi sulla SCD, così da apprendere maggiori informazioni sull’argomento.
Probabilmente, basterebbe un briciolo di coscienza in più da parte degli operatori specializzati, in un mondo diventato ormai dedito alla ricerca ossessiva del profitto. In barba alla vita umana.